GRAZIE BRUNO VESPA…
Marcello Pamio - 22 settembre 2016
Ho sempre criticato i
media mainstream in quanto vergognosamente servili al Sistema.
A tal proposito ho scritto anche un libro contro la televisione. Ma devo fare
ammenda.
Devo ricredermi, anche perché l’umiltà di una persona è ammettere i propri
errori e i propri sbagli.
Mi riferisco all’ultima trasmissione di Porta a Porta andata in onda martedì 20
settembre su Rai Uno e condotta magistralmente dal grande giornalista Bruno
Vespa.
Tema della trasmissione “Cancro: le cure ufficiali aiutano a guarire o no?”.
Tra gli intervistati il sottoscritto e il dottor
Paolo Rossaro.
Davo per scontato che si
sarebbero sbizzarriti nei tagli e nelle censure, primo perché la trasmissione
non va in diretta e secondo perché il tema è delicatissimo e smuove interessi
enormi. Con mio stupore invece le cose sono andate diversamente…
Proprio per questo motivo voglio ringraziare pubblicamente Bruno Vespa perché è
riuscito a portare un argomento ostico facendo passare una serie di messaggi
molto importanti per la gente comune.
In studio vi era il
direttore di un istituto tumorale di Milano, il presidente dei farmacisti e in
collegamento la figlia di una povera donna morta che aveva rifiutato le cure
ufficiali.
Il senso profondo della trasmissione non verteva soltanto sull’annosa diatriba
chemio sì o chemio no, ma soprattutto sulla libertà di scelta terapeutica che
oggi in Italia, nonostante le belle parole, non esiste.
Oggi infatti un medico è libero in Scienza e Coscienza di seguire un suo
paziente che rifiuta le cure ufficiali? Se il medico segue le volontà
dell’assistito, nel caso in cui le cose non andassero come sperato, è giusto che
venga incriminato? Il consenso informato firmato da tutti i pazienti di fronte
al medico curante serve legalmente o è semplice carta straccia? I protocolli
oncologici che rientrano nella cosiddetta scienza basata sulle evidenze, che
impatto hanno sulla salute dei malati e qual è il loro reale contributo nella
sopravvivenza?
Tematiche molto impegnative e difficili da gestire anche per il principale
canale Rai.
Il dottor
Paolo Rossaro
grazie alla sua quarantennale esperienza di medico di famiglia, ha lungamente e
dettagliatamente spiegato quanto è importante il rispetto della persona, non del
“paziente” o del “malato”, ma della creatura che si ha davanti; il rispetto poi
delle scelte individuali sempre più spesso disattese. In pratica il rispetto
totale per la Vita!
Rossaro è riuscito a portare all’attenzione dei milioni di telespettatori
incollati davanti allo schermo l’importanza della parola, che se usata male può
essere pericolosissima.
Quante diagnosi frettolose, fredde, distaccate e totalmente disumane vengono
fatte ogni giorno? Per non parlare delle prognosi mortali: “lei ha 6 mesi di
vita”, “le resta si e no 1 anno da vivere”, “se non fa la cura morirà”, ecc., le
quali possono essere peggio della malattia stessa.
La parola può uccidere realmente e non solo metaforicamente, anche perché se le
parole spengono la speranza non rimane più nulla se non l’oblio e la morte…
Quanti medici, abituati a vedere malati da mattina a sera, hanno perduto la loro
umanità e la fondamentale capacità di saper ascoltare? Questo purtroppo accade
quotidianamente nei reparti di oncologia, nei vari studi medici di importanti
oncologi.
Ha riscosso molta attenzione da parte di Vespa invece tutto il discorso del
dottor Rossaro sull’interazione tra la mente e il corpo. Oramai negare tale
interazione significa non solo essere totalmente ignoranti, significa violentare
l’essenza stessa dell’uomo, il quale è un essere complesso composto non solo da
cellule e organi.
Infine il dottor Rossaro ha avuto anche il tempo di parlare di libertà di scelta
terapeutica, la quale rientra nei valori sacrosanti sanciti dalla Costituzione
della Repubblica italiana e dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.
Il sottoscritto è stato
invece stimolato dalla giornalista a parlare del business che ruota attorno al
cancro.
Non ho potuto non dire con fermezza che si tratta del business per eccellenza,
visto che stiamo parlando di una delle spese più cospicue per ogni sistema
sanitario nazionale.
I farmaci chemioterapici costano più di ogni altro farmaco e le industrie lo
sanno molto bene…
Il cancro è un business fantamiliardario.
Con il cancro ci guadagnano le industrie farmaceutiche, quelle che costruiscono
apparecchiature, le cliniche e gli istituti oncologici, tutte le associazioni di
ricerca e ovviamente gli stessi oncologi.
Se domani il cancro sparisse dalla faccia della terra a piangere sarebbero in
molti!
L’aria in studio era così
calda che Bruno Vespa ha ritardato a mandare la reclame perché voleva sapere se
la chemioterapia serve a guarire o a ingrassare le casse delle lobbies.
Precisato che la chemioterapia rappresenta il guadagno massimo per le industrie
chimiche, ho sottolineato che i protocolli proprio per questo motivo non si
possono toccare, è un argomento tabù.
Il grosso problema è il numero crescente di persone che stanno prendendo
coscienza su tematiche legate alla salute: a partire dall’alimentazione,
passando per i vaccini e giungendo alle terapie oncologiche.
Obiettando alle vaccinazioni pediatriche il danno economico lo hanno sentito
subito, ma se tale ammanco accadesse nell’ambito della chemio il risultato
sarebbe devastante per le industrie. Ecco perché stanno correndo ai ripari
organizzandosi in una vera e propria caccia alle streghe.
“Ma servono oppure no?” mi
incalzava Vespa sempre più morboso.
A questo punto, prendendo la palla al balzo, ho citato lo studio osservazionale
più imponente mai realizzato al mondo e pubblicato nel dicembre del 2004 dalla
rivista Clinical Oncology.
Uno studio della durata di 14 anni su oltre 227.000 pazienti sui 22 tipi di
tumori più diffusi.
Il titolo: “Contributo della chemioterapia citotossica alla sopravvivenza a 5
anni dei tumori in adulti” non lascia spazio a male interpretazioni.
Il presidente dei farmacisti sembrava seduto su dei tizzoni ardenti, avrebbe
voluto alzarsi e andarsene ma non poteva….
Continuo con estrema calma dicendo che gli autori dello studio quando i dati
erano incerti hanno deliberatamente stimato in eccesso i benefici della
chemioterapia.
Nonostante questo, la conclusione ha fatto sbiancare Vespa e sobbalzare sulla
sedia gli ospiti in studio: la chemioterapia contribuisce (qui ho alzato un po’
la voce per calcare la mano) alla sopravvivenza a 5 anni per un misero 2,3 % in
Australia e un 2,1% negli Stati Uniti. Smarrimento in studio: nessuno aveva mai
citato in tivù questi dati ufficiali sulla chemio.
Vespa già gongolava
proiettando nella sua mente i titoli dei quotidiani del giorno dopo: “Prima in
studio i capi mafia, ora da Vespa la chemio uccide più della malattia”.
Nessuno sapeva cosa fare e cosa dire, per cui approfittando del generale
congelamento cerebrale ho aggiunto che molti medici continuano a pensare che la
chemioterapia possa aumentare significativamente la sopravvivenza dal cancro, ma
non è così e le prove non mancano.
Un secondo prima che Vespa lanciasse la pubblicità sono riuscito a porre la
fatidica domanda: se la chemioterapia citotossica contribuisce nella
sopravvivenza a 5 anni per il 2%, cos’è accaduto al rimanente 98% delle persone?
…Pubblicità….
Al rientro, a conferma di
quanto detto, sparo l’ultima cartuccia a disposizione citando l’intervista fatta
al responsabile dell’obitorio di un ospedale, che per motivi di privacy e di
sicurezza non ho citato.
Alla mia secca domanda: “Quanti cadaveri arrivano da lei che hanno fatto la
chemio?”, risponde con un lapidario: “almeno 9 su 10”…
Chiudo il mio intervento lisciando un po’ il pelo al conduttore, anche perché se
lo merita.
Grazie Vespa per lo spazio
che hai dedicato nella tua trasmissione a questo importantissimo argomento.
Straordinario è anche il modo in cui lo hai trattato, lasciando parlare non solo
gli esperti accademici, i professoroni spessissimo consulenti pagati delle
multinazionali del farmaco, quelli che vivono con il mantenimento dell’attuale
sistema, quelli che vivono grazie al cancro, ma hai lasciato parlare anche i
Medici che sono in prima linea, quei Medici che in Scienza e Coscienza
combattono ogni giorno per il bene dei propri assistiti.
Sei un faro che illumina la lunga e buia notte dell’informazione di Regime.
Mi metto a tacere dicendo che la Vita, aldilà dei numeri snocciolati dagli
esperti sulle guarigioni (il 90-95% delle persone), ci sta raccontando cose che
vanno in direzione contraria a quella che la scienza ufficiale e il mondo
accademico vorrebbero farci credere. Si muore di cancro (o per le cure) e più di
prima. Non lo dico io ma la Vita.
Fine. Titoli di coda.
Epilogo
Non posso crederci che sia
andata così: ha finalmente fatto breccia la Verità!
Poi qualcosa m’ha destato svegliandomi dal sonno… Il pensiero è andato subito a
Porta a Porta, a Bruno Vespa….e una scarica diarroica mi ha riportato alla
triste realtà!
Sul water pensando a Vespa che sceglieva il titolo ho capito che il suo intento
era far passare un messaggio occulto.
“Finte cure che uccidono”, perché "finte" e perché "uccidono"? Da decenni
l’epidemiologia dimostra che con il tumore si sopravvive più a lungo quando non
si fa la chemio o quando si intraprende una qualsiasi altra strada.
Poi mentre lo sciacquone faceva il suo ingrato compito, l’illuminazione: Vespa
non ce l’ha con le cure complementari, anzi. Con quel titolo voleva avvisare
spettatori e medici che nell’attuale paradigma ad uccidere non devono essere le
finte cure ma quelle vere. E il motivo è prettamente economico.
Tutti prima o poi ce ne andremo nei mondi spirituali, ma la morte non dovrebbe
essere accompagnata da vitamina C o peggio ancora da bicarbonato di sodio o da
clisteri al caffè (col rischio pure di guarire). I costi sono risibili e per il
PIL nazionale è meglio una dipartita grazie alle armi chimiche derivate del gas
iprite (mostarda azotata vietata dalle convenzioni internazionali in guerra, ma
legittima nella guerra al cancro) spendendo centinaia di migliaia di euro…
Solo così si può uscire
dalla crisi.
GRAZIE VESPA!