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SARS e media
Di Silvia Colombino

L’hanno chiamata “Killer” anche se il tasso di mortalità, l’8,5 %, è relativamente basso rispetto ad altre forme più gravi di polmonite.  L’ hanno definita “L’AIDS del nuovo secolo” anche se all’inizio hanno taciuto persino sulla sua esistenza. Poi hanno messo in quarantena centinaia di possibili e probabili contagiati negli ospedali di Hong Kong, Singapore, Indonesia, Filippine, Canada e Thailandia. Tutti improvvisamente a rischio: “La SARS non perdona” ci hanno ripetuto. Hanno blindato gli aeroporti e ficcato nelle orecchie di milioni di turisti termometri avveniristici per rilevare la temperatura. Tentasi gradi: “E’ ok, va bene, può andare”.
Trentasette: ”No, è a rischio, si accomodi pure nella sala in fondo per i controlli”. Ma veramente si è trattato di una catastrofe non annunciata? Le immagini in tv ci hanno terrorizzato: tutte quelle mascherine, guanti di plastica, occhialini, tute sterili hanno alimentato ansie e paure di inconsapevoli viaggiatori. La SARS stava arrivando e lo faceva anche in business class. Dopo il primo allarme, lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il 13 marzo dello scorso anno, esperti e luminari della scienza ci hanno spiegato, o hanno tentato di farlo, che il virus della polmonite atipica è facilmente trasmettibile, basta uno starnuto, e che potrebbe essere di origine animale. Deriverebbe infatti dallo zibetto, piccolo mammifero protetto dalle convenzioni internazionali ma utilizzato, per la carne pregiata, nella cucina tradizionale cinese. Del resto le proprietà culinarie della bestiola erano già note, pare, nel Rinascimento. Sull’origine della SARS abbiamo sentito di tutto, persino il parere di un gruppo di astrobiologi americani secondo i quali il virus letale arriverebbe addirittura dallo spazio. Insomma, sull’origine della SARS non sappiamo nulla, ma almeno conosciamo i rimedi per prevenire il contagio ? Bere estratto di papaya, secondo alcuni studiosi di Tokyo, rinvigorirebbe il sistema immunitario. Dagli Stati Uniti rispondono che basta consumare cinque tazze di tè al giorno per combattere la diffusione dell’infezione. L’Italia non risparmia saggezza: ”In certi casi i malati potrebbero guarire da soli” si è sentito ripetere da alcuni medici intervistati in tv.

Tutto il mondo ha vissuto per mesi con il fiato sospeso, protetto da mascherina, e le idee confuse pensando ad una tragedia planetaria che non avrebbe risparmiato nemmeno lo sfruttato e ignaro turista “Fai da te” e invece.
Invece oggi della SARS non rimane che una traccia di poche righe sparse nelle ultime pagine dei quotidiani e non perché sia stata debellata ma perché semplicemente è calato l’interesse alla notizia di chi scrive e di chi legge.
La polmonite atipica ha lasciato dietro di sé migliaia di vittime che esigono certamente rispetto, come dovrebbe essere per altri morti di cui però i media non parlano: milioni in Africa, decessi provocati ancora dall’AIDS, guerre dimenticate.
Ogni giorno per diversi mesi abbiamo ascoltato i bollettini diramati dall’OMS e dai singoli Paesi colpiti dall’epidemia che riportavano il numero dei morti e dei casi sospetti.
Ogni giorno in tram o in metropolitana abbiamo cercato di non sederci vicino a qualche orientale vittima di un razzismo piccolo-piccolo. Ogni giorno abbiamo guardato con sospetto l’amico Mario che lo scorso anno era andato per lavoro a Singapore. I suoi souvenir, fino a ieri esposti con orgoglio sulla mensola del soggiorno, sono stati imballati, sigillati e gettati nel bidone più lontano da casa nostra.

E tutto questo perché?
Perché comunque ci deve essere sempre qualcosa che ci tenga allerta, un elemento destabilizzante di una realtà altrimenti piatta; perché una persona preoccupata riempie negozi e supermercati, è un consumatore che consuma di più, in attesa della catastrofe; perché i giornali, i tg e anche tanti lettori – anche se nessuno lo ammetterà mai- non si accontentano della notizia: “Ci vuole lo scoop, se no con cosa apriamo?”.
News come oggetto di una frenesia, consapevole o meno, che coinvolge comunque tutti.
“La manipolazione consapevole e intelligente dei costumi e dell’opinione delle masse –scriveva E.L. Bernays- è un elemento importante della società democratica.
Coloro che manipolano questo meccanismo occulto delle società costituiscono un governo invisibile che è la vera forza di ogni Paese”. Era il 1928.
Quello che è accaduto ad esempio dieci anni fa con l’AIDS si ripete a cicli ancora oggi.
L’AIDS ti diceva: ”Devi avere un comportamento sessuale corretto, se no muori”, “Non ti devi drogare, se no muori”. L’AIDS dettava le regole se no si moriva.
Allora via a dibattiti, convegni, film, saggi, pubblicazioni, trasmissioni. Un bombardamento mediatico su tutti i fronti.
Poi il silenzio. Allora l’AIDS è stato sconfitto? Niente affatto. Solo non se ne sente più parlare e la regola vuole che “Se non se ne parla in tv allora una cosa non esiste”.
La SARS è stata una cosa grave, non l’apocalisse raccontata.
Non è finita. Solamente non se ne parla più. 

 
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