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Declino italiano
Tratto dal sito http://www.borsari.it/Einstein.htm  
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In un mio precedente articolo ho parlato degli aggettivisti: personaggi declamatori che trapuntano i loro ragionamenti (generalmente disinformati) di soli aggettivi (spesso riferiti all'intercolutore) e rifuggono (in totale tranquillità d'animo) dal duro contatto con la realtà, così com'essa si esprime: attraverso i numeri e la contabilità.
I politici di ogni canto sono aggettivisti per definizione (si conoscono rarissime eccezioni): la loro descrizione del mondo appare (quasi) sempre dipinta nelle tinte aggettivate (rosso, nero, bianco, etc..) del loro colore politico e indirizzata nella direzione storica (destra, sinistra, centro) della loro appartenenza ideologica.
In sostanza: chi li ascolta non capisce (quasi mai) la sostanza delle cose che dicono (perché, spessissimo, sotto gli aggettivi non c'è altro).
In questo articolo seguirò, invece, un approccio "numerista": descriverò l'Italia repubblicana, dal 1951 ad oggi, attraverso i numeri (quei pochi che servono) della contabilità nazionale.
La figura che segue mostra l'andamento del Pil italiano (medie annue) negli anni considerati:

In pratica: negli anni dal 1951 al 1972, il Pil cresceva del 5.3% l'anno, dal 1973 al 1982 del 3.2% l'anno, dal 1993 al 2000 dell'1.6% l'anno, dal 2001 al 2003 dello 0.9% l'anno.
Quei numeri possiamo girarli come ci pare ma esprimono, inequivocabilmente, un'unica visione dell'andamento dell'economia di questo paese: l'Italia è un paese in declino, destinato ad uscire dal novero delle grandi potenze industriali.
Se solo, infatti, facciamo una semplice regressione lineare dei dati prima visti, notiamo che, nel prossimo futuro, perdurando la tendenza in atto, il nostro Pil è destinato a diventare negativo; significa, semplicemente, che: anno dopo anno diventeremo più poveri.

Ora si può essere di destra o di sinistra, di centro, di sopra o di sotto ma, l'ineluttabilità di questa proiezione (semplicemente matematica) sconfigge ogni aggettivismo di parte: i numeri parlano da soli.
Ma, si potrebbe obiettare, l'Italia è in declino perché l'Europa è in declino.
Nighese, fratelli d'Italia: la figura sotto mostra la differenza (in percentuale) tra il Pil italiano ed il Pil europeo.

Negli anni dal 1951 al 1972 avevamo una crescita superiore del 10.42% (rispetto alla media europea), dal 1973 al 1982 una crescita superiore del 39.13%, dal 1983 al 1982 una crescita inferiore del 4.17%, dal 1993 al 2000 una crescita inferiore del 23.81% e dal 2001 al 2003, una crescita inferiore del 25.0%.
In sostanza: prima degli anni ottanta crescevamo di più, dopo siamo cresciuti di meno (rispetto alla media europea); negli anni più recenti siamo cresciuti molto di meno (-25%) e nel prossimo futuro la situazione è destinata ad aggravarsi.
Conclusione: l'Europa non centra; il problema è nostro.
Cosa ci ha condotto fin dentro questa sciagurata situazione?
le politiche economiche dei governi che si sono succeduti dagli anni ottanta ad oggi: il Craxismo ha fatto esplodere il debito pubblico ed i governi recenti sono, semplicemente, stati incapaci di rimediare (e, anzi, hanno aggravato il problema).
I politici che hanno governato questo paese, dagli anni ottanta in poi, portano la responsabilità dell'inesorabile declino economico italiano. E gli italiani che li hanno votati (sottoscritto compreso) sono altrettanto colpevoli, per avere loro consentito di continuare a malgovernare la loro economia.
Il resto è conversazione da Bar.

 
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