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Ecco la nuova frontiera della manipolazione del Dna!
Le nuove scoperte fatte alle Duke University aprono scenari molto
preoccupanti.
Con la scusa di risolvere i sempre più gravi problemi di inquinamento
delle acque, stanno costruendo prototipi di “depuratori genici”.
L’acqua passando attraverso una rete “intrisa” di “micro-Rna”
(ovviamente transgenico) verrebbe purificata. Dicono loro.
Così facendo, l’acqua - il costituente principale del nostro
organismo - acquisterebbe frammenti di Dna completamente estranei
all’organismo umano…
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Traduzione per
Disinformazione.it a cura di Danyela
Colom
Link ufficiale: www.physorg.com/news131712320.html
Uno strumento genetico utilizzato da ricercatori medici
potrebbe essere applicato per la rimozione di microbi dannosi e virus
presenti nell’acqua potabile.
Da una serie di esperimenti basati su semplici concezioni,
gli ingegneri della Duke University hanno dimostrato che un breve tratto
di materiale genetico potrebbe bloccare la ripetizione di un importante
gene presente in un comune fungo trovato nell’acqua e interromperne
l’azione.
Perfezionando questo nuovo metodo, i ricercatori credono che si potrebbe
costituire la base necessaria
per un nuovo dispositivo che aiuterebbe a risolvere il problema
dell’acqua potabile nei Paesi del Terzo Mondo, dove non esistono
impianti di depurazione. La tecnologia, relativamente nuova, conosciuta
come interferenza dell’RNA (iRNA o micro-RNA) fa uso di brevi
frammenti di materiale genetico che combacia – come una chiave nella
serratura – ad un segmento di gene presente all’interno di un target
predefinito. Quando questi frammenti entrano in una cellula e si
attaccano al segmento corrispondente, posso inibire o bloccare
l’azione del gene target. L’impiego di questo metodo è in aumento,
quale strumento nella ricerca bio-medica, ma finora non è mai stato
applicato per scopi ambientali.
“Gli elementi
patogeni, sia di natura batterica che virale, rappresenta una delle
maggiori minacce per l’acqua potabile tanto nei Paesi sottosviluppati
quanto nei Paesi sviluppati,” dice Sara Morey, responsabile del
progetto Ph.D. nel laboratorio di Claudia Gunsch, assistente alla
cattedra di ingegneria civile presso
Oltre a contribuire alla risoluzione dei problemi legati
all’acqua potabile nei Paesi sottosviluppati, questo nuovo metodo
potrebbe rappresentare una soluzione anche per i Paesi più avanzati,
dice
Nonostante questi metodi siano stati applicati per anni, nel momento in
cui l’acqua viene introdotta nel sistema di distribuzione alcuni
problemi si possono ripresentare: qui, infatti, può venire a contatto
con altri elementi patogeni. Per questa ragione, all’acqua vengono
aggiunte quantità di cloro superiori al necessario: è necessario
assicurarsi che durante il passaggio nelle tubature ne contenga una
concentrazione tale da poter neutralizzare tutti gli elementi patogeni
che incontrerà. Questo spiega perché chi vive nei pressi degli
impianti di depurazione dell’acqua sente maggiormente il sapore e
l’odore di composti chimici, rispetto a chi vive più lontano, dicono
i ricercatori. Inoltre, il cloro può fare reazione con altri
elementi organici presenti nel sistema di distribuzione, causando
dannosi effetti collaterali.
Se all’interno dell’impianto i raggi ultravioletti sono
molto efficaci per la neutralizzazione degli elementi patogeni, non
hanno effetto una volta che l’acqua è stata pompata.
“Noi ci immaginiamo un sistema
basato sulla tecnologia iRNA che funzioni dall’esterno, proprio come i
filtri comunemente usati.“ dice
I primi prototipi prevedono un filtro intriso di micro-RNA
che eliminerebbe gli elementi patogeni al passaggio dell’acqua. Questi
filtri dovrebbero venire sostituiti regolarmente, dice
Attualmente i ricercatori stanno svolgendo ulteriori esperimenti
prendendo come target altre regioni attaccate dal genoma di questo
fungo. Per provare il concetto dei loro esperimenti, hanno testato l’iRNA
su un gene non primario, ma facile da monitorare. Ora stanno testando
questo metodo per silenziare o bloccare i geni più implicati
nell’azione nociva di questi patogeni.
Stanno pensando di testare questo metodo anche in quelle acque in cui
sono contenuti contemporaneamente numerosi elementi patogeni di diversa
natura, e vogliono
determinare la concentrazione di iRNA ottimale per un buon esito
dell’esperimento.
Fonte: Duke University