Globalizzazione & C.

 

- WTO (Word Trade Organization) 
- FMI
(Fondo Monetario Internazionale)
- MAI (Accordo Multilaterale sugli Investimenti)
- Banca Mondiale
- Che cos'è la globalizzazione
(articolo di Paolo Barnard) 

 

WTO: Word Trade Organisation 

Word Trade Organization, che sta per Organizzazione mondiale del commercio, è il frutto di otto anni di negoziati in Uruguay (Round), dal 1986 al 1994 (anno della sua nascita), ed è di fatto erede dell'ex GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) nato nel 1948 e attivo fino al 1995. Ha sede a Ginevra. L'organizzazione, presieduta dal luglio scorso da Mike Moore, si occupa del controllo delle regole del commercio mondiale, sostenendo una pressoché totale abolizione di ogni tipo di dazio o tariffa alle frontiere. Dazi e tariffe che riguardano le quantità delle merci, tariffe interne, controlli di salubrità sui prodotti alimentari....A decidere poi la sorte di ogni prodotto alimentare è solo il mercato (secondo il loro giudizio), o piuttosto potrebbe accadere che ogni prodotto alimentare decide la sorte di chi lo acquista.. All'inzio della sua storia come Gatt, contava pochi paesi membri (tanto da essere chiamato"il Club dei ricchi"); ora conta 136 tra cui la Cina, che ha siglato recentemente un accordo "bilaterale" con gli USA; la lunga lista di attesa dei paesi che vogliono entrarvi annovera tra gli altri Russia e Arabia Saudita.

FMI: Fondo Monetario Internazionale

La medicina amara per i popoli del Sud

Il FMI è un istituto specializzato dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) creato insieme alla Banca mondiale durante la conferenza di Bretton Woods nel 1944 e diventato operativo nel 1946; i suoi obiettivi sono l'eliminazione delle restrizioni sul commercio estero, la promozione della cooperazione monetaria internazionale e favorire una crescita equilibrata del commercio mondiale con investimenti su scala globale.

Con l'insorgere del problema del debito estero dei paesi in via di sviluppo, l'FMI interviene sempre di più nelle politiche economiche e di sviluppo dei Paesi. Ha imposto piani di austerità con conseguente taglio della spesa pubblica, licenziamenti e privatizzazioni come condizione per accedere ai propri fondi. Fallimentare la gestione della crisi finanziaria asiatico-russa del 1997 per la quale l'Italia ha versato al FMI oltre 7mila miliardi di lire. Il suo intervento piuttosto che prevenire le speculazioni finanziarie le ha legittimate, aumentando i costi sociali ed ambientali per le popolazioni di quei paesi. Presidente dell'FMI e' Horst Koehler, tedesco

BM: Banca Mondiale

La Banca mondiale nasce nel 1944 con la Conferenza di Bretton Woods. Iniziò sostenendo la ricostruzione dei paesi devastati dalla guerra per poi occuparsi principalmente di politiche di sviluppo e lotta alla povertà, finanziando progetti quali dighe, miniere, centrali elettriche, piani di aggiustamento strutturale e l'espansione degli investimenti privati (nel solo 1999, ha investito 29 miliardi di dollari). L'Italia partecipa con fondi pubblici e propri rappresentanti nel Consiglio direttivo. Scarsa trasparenza, e insufficiente consultazione della società civile, mancato rispetto delle sue norme socio-ambientali, ed applicazione di un modello di sviluppo esclusivamente basato sul mercato, queste le principali critiche delle campagne di protesta di organizzazioni non governative e movimenti sociali. Presidente della Banca mondiale e' James Wolfensohn, americano

tratto da http://noglobalenet.supereva.it 

 

 

M.A.I. Multilateral Agreement on Investments

Il MAI (Accordo Multilaterale sugli Investimenti) è un accordo economico internazionale in fase di negoziazione presso l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (d’ora in poi OCSE). Guidate dagli Stati Uniti, le 29 nazioni che costituiscono l’OCSE (USA, Canada, Messico, gli stati membri dell’UE, Svizzera, Norvegia, Islanda, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Turchia, Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda, Australia) vogliono creare una carta dei diritti e delle libertà per le aziende multinazionali, al fine di rendere più facile per gli investitori individuali e aziendali lo spostamento di capitali all’estero - sia in valuta che sotto forma di immobili industriali. L'ambizione é quella di creare dei principi di applicazione uniformi a partire dai circa 1.800 accordi bilaterali esistenti al momento. E’ interessante notare che 477 delle 500 maggiori multinazionali citate da "Global Fortune" (cioè il 95,4%) hanno sede negli stati membri dell’OCSE.

Le negoziazioni confidenziali - o, se si preferisce, segrete - per arrivare alla ratifica dell’accordo sono partite nel Maggio del 1995 e si prevede che il MAI possa vedere la luce nella primavera del 1998. Un tratto saliente di questo trattato è che qualsiasi stato, anche non appartenente all’OCSE, viene incoraggiato a partecipare, in modo di annoverare tra i membri i paesi in via di sviluppo, economie ancora giovani e quindi vergini dal punto di vista speculativo. Posti davanti alla questione "MIA o nessun investimento estero", i governi di queste nazioni dovranno accettare le condizioni dettate dalle società multinazionali.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’organo responsabile degli aiuti alle nazioni che hanno deficit nella bilancia dei pagamenti e che definisce gli standard valutari, è stato un prezioso strumento nell’apertura di nuovi mercati per le multinazionali. Il FMI introduce nei paesi un insieme di misure di liberalizzazione finanziaria che privano i governi della loro sovranità in campo economico. I "pacchetti per la ripresa economica" che il FMI ha recentemente approntato per le economie disastrate di Tailandia, Indonesia e Corea del Sud contenevano misure che anche il MAI prevede: obbligo per i governi di accettare investimenti esteri in tutti i settori, l’indebolimento degli standard ecologici e di sicurezza sul lavoro per attrarre nuovi investimenti, la rimozione delle misure di salvaguardia contro attacchi speculativi in borsa. Le multinazionali approfittano della crisi delle economie asiatiche per acquisire imprese a prezzi stracciati e per conquistare nuovi mercati.

Il MAI ha lo scopo di stabilire un nuovo corpo di leggi mondiali sugli investimenti che garantirà alle multinazionali il diritto e la libertà incondizionata di comprare, vendere e compiere operazioni finanziarie in tutto il mondo come e quando ritengono opportuno, incuranti di leggi ed interventi governativi

Tratto dal sito Manitese http://www.manitese.it/boycott/boycott.htm 

 

 

Che cos'è la globalizzazione?

Estrapolato da un articolo di Paolo Barnard 
(la versione integrale di trova http://noglobalenet.supereva.it/I_globalizzatori/Barnard/barnard.html)

- L'Europa ha decretato che la carne americana trattata con ormoni artificiali, al contrario della nostra, è pericolosa per la nostra salute e ha deciso di non importarla. Una precauzione che però ci costa molto cara: 340 miliardi di sanzioni americane contro il Vecchio Continente. Una ritorsione decisa all'Organizzazione Mondiale del Commercio nel nome delle regole della Globalizzazione.
- In Toscana e in Piemonte, nel mezzo delle terre più belle e fertili d'Italia la Globalizzazione ha colpito duro. Il tartufo è uno dei nostri prodotti più pregiati e lo esportavamo in grandi quantità negli Stati Uniti d'America; ciò creava reddito per le aziende e i lavoratori italiani. Ma dall'anno scorso gli Stati Uniti hanno deciso di tassare il tartufo del 100%, sbarrandogli la strada. Chi l'ha deciso? L'Organizzazione Mondiale del Commercio nel nome della globalizzazione.
- L'Unione Europea, per proteggere la salute dei nostri bambini, ha detto di no all'importazione di giocattoli che contengono un ammorbidente tossico. Ma anche questa precauzione è oggi nel mirino dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e dei suoi accordi di globalizzazione.
L'Organizzazione Mondiale del Commercio, più nota come WTO, è dunque il grande motore della globalizzazione. 
Il WTO ha sede a Ginevra, e rappresenta oggi 136 governi, incluso quello italiano. In teoria al timone del WTO ci dovrebbero essere i ministri del commercio dei vari paesi, ma nella realtà l'Italia e tutti gli stati d'Europa sono rappresentati al WTO dalla Commissione Europea di Romano Prodi, che siede per tutti noi al tavolo delle trattative. Da questo tavolo sono usciti gli accordi sul commercio planetario; ed è precisamente contro questi accordi che è esplosa la protesta a Seattle: l'accusa è che si tratta di regole dotate di poteri enormi, spesso superiori a qualunque legge degli stati nazionali.
Nella sede ginevrina di questa controversa organizzazione chiedo a Keith Rockwell, uno dei direttori, come ha fatto il WTO a diventare così impopolare: "E' straordinario, vero?" risponde Rockwell con un cenno di assenso, "ma si tratta di un destino che abbiamo in comune con molte altre organizzazioni internazionali: la Comissione Europea è impopolare, il Fondo Monetario lo è anche più di noi, e così la Banca Mondiale. Vede, la gente si sente lontana da questi grandi palazzi di Ginevra o di Bruxell, le persone comuni non capiscono né chi siamo né quali saranno gli effetti sulla loro vita degli accordi che qui nascono. Ma vi posso garantire che ogni singolo accordo è passato al vaglio dei vostri governi."

E allora vediamo questi accordi di globalizzazione: hanno nomi difficili per noi, Accordo Sanitario e Fitosanitario, Barriere Tecniche al Commercio, Diritti di Proprietà Intellettuale e via discorrendo. In tutto formano 27.000 pagine di regole e codici, che hanno un potere pari al loro incredibile volume. Per capire meglio facciamo un esempio.

Abbiamo visto che il WTO è in grado di esercitare un enorme potere. E allora c'è una domanda che sorge spontanea: i nostri politici, quando nel 1994 aderirono a tutti gli accordi del WTO, erano consapevoli di quello che stavano accettando? L'On. Domenico Gallo era senatore proprio in quel periodo e grande esperto della questione, e a lui giro la domanda. "Certamente non c'è stato un dibattito politico pubblico né riservato," inizia Gallo, "le questioni non sono state oggetto di confronto politico in Italia. Scarsa fu anche la sensibilità parlamentare. Tutto è stato vissuto non come un evento di grande importanza globale, ma come un passaggio obbligato, come una festa della modernità, dove non c'era niente da dire perché andava tutto per il meglio."

Fra i politici italiani, quando si parla di WTO, svetta il nome di Piero Fassino, che fino a poche settimane fa era ministro per il commercio con l'estero, era cioè il nostro maggior esperto istituzionale di globalizzazione. Gli ho sottoposto alcune domande sui punti dolenti che abbiamo appena visto, e su altri che vedremo in questa inchiesta, ma le cose non sono andate nel migliore dei modi. "No!, no! Il suo compito non è di indagare sui punti dolenti.....In questa intervista lei enfatizza i rischi, lei fa il protezionista, io cerco di esaltare le opportunità della globalizzazione!" Ribatto: "Vediamo però come siamo arrivati a dover accettare livelli doppi di diossina nelle nostre carni e sanzioni miliardarie per il nostro rifiuto di importare la carne ormonata americana." Fassino: "Ma la carne agli ormoni non entra in Europa, e poi non c'entra il WTO!..."

Lo correggo: "Ministro è il WTO che ci ha condannati a pagare miliardi solo perché stiamo proteggendo la salute dei cittadini europei."

"Senta facciamo così, io non voglio concederle questa intervista... è del tutto folle... l'approccio è folle!" tronca netto il ministro, "mi dia la cassetta, me la consegni".

Di consegnare la casetta non se ne parla. Lascio Fassino e proseguo nell'indagine. Come abbiamo detto, noi cittadini d'Europa abbiamo delegato la Commissione Europea a trattare per noi al tavolo della globalizzazione. Ma Susan George su questo ha qualcosa da dire: "La Commissione Europea è un organo politico che dovrebbe fare gli interessi di tutti i cittadini quando siede al tavolo del WTO. E invece, da anni la Commissione è al servizio delle multinazionali e delle lobby che le rappresentano. Questo è grave, ed è anche il motivo per cui gli accordi che vengono firmati al WTO sono così di parte. Io parlo di una realtà dimostrata: a lei il compito di indagare."

E ho indagato girando l'Europa con una domanda fissa nella testa: ci possiamo fidare dei globalizzatori, di chi, come la Commissione Europea, decide per tutti noi al tavolo della globalizzazione?

Romano Prodi, che della Commissione è oggi il Presidente, mi risponde con parole semplici: "La sua è una domanda imbarazzante. Io penso che l'unico modo è fidarsi di noi."

E invece in questa indagine ho trovato documenti che sembrerebbero minare la nostra fiducia, e mi sono imbattuto in poteri forti di cui, almeno io, non sospettavo neppure l'esistenza.

Siamo infatti abituati a immaginare che il potere abiti in stupefacenti palazzi e grattacieli vertiginosi, ma non sempre. In un anonimo palazzetto di Bruxell risiede forse la più potente lobby industriale del mondo: il Trans Atlantic Business Dialogue (TABD). Report ha chiesto di poter visitare la loro sede, ma come spesso ci accade, non siamo i benvenuti. In questa lobby si raggruppano aziende di calibro mondiale, con fatturati complessivi pari al prodotto interno lordo di intere nazioni. Ed è proprio il TABD che arriva al punto di presentare periodicamente sia alla Commissione Europea che al governo americano una lista di sue priorità per la globalizzazione, di fronte alle quali la Commissione sembra proprio spalancare le porte. Ho ottenuto attraverso contatti a Bruxell una copia delle liste di priorità del TABD, che hanno un tono perentorio. Vi si trovano elencate le richieste delle multinazionali, chi deve darsi da fare fra gli organi politici, e ci sono per iscritto tutte le migliori intenzioni della Commissione Europea nel soddisfarle. Prima di Seattle la Commissione ha addirittura incoraggiato questa grande lobby a sottoporle ulteriori richieste, definendole "priorità assolute". Ma è giusto tutto ciò? E giro la domanda al presidente Prodi. "Presidente," inizio, mentre lui sfoglia la documentazione che gli ho appena passato, "qui la vostra risposta sembra decisamente appiattita sugli interessi di questo grande gruppo industriale."

Prodi scuote il capo: "Fare gli interessi dei gruppi industriali non significa non fare gli interessi della povera gente o dei gruppi ambientalisti. Se lei mi accusa di proteggere gli interessi industriali io dico sì, il problema è di vedere come si armonizzano queste cose."

Nessuno contesta che la Commissione Europea debba anche pensare agli interessi del mondo degli affari, ma gli uomini di Romano Prodi sono dei politici, col mandato di tutelare gli interessi di tutti i cittadini. I documenti riservati che seguono sembrano invece contraddire in tema di globalizzazione le rassicurazioni del Presidente Prodi. Ne riporto qui alcuni passaggi preoccupanti, ricordando che si tratta di documenti ufficiali che circolavano da tempo fra i burocrati di Bruxell:

1997: DISCORSO ALLE INDUSTRIE CHIMICHE DEL VICE PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA

"Siate tempisti, e cioè diteci per tempo se pensate che qualcosa debba essere fatto, o, ancora meglio, se pensate che qualcosa debba essere stroncato sul nascere."

1997: COMMISSARIO EUROPEO AL COMMERCIO

"Il Trans Atlantic Business Dialogue è diventato un meccanismo efficace per ancorare le politiche dei governi sugli interessi dei gruppi di affari."

COMMISSIONE EUROPEA, DIRETTORATO GENERALE PER IL COMMERCIO

"Vogliamo trovare un accordo con gli Stati Uniti per stabilire un sistema di pre-allarme contro le proposte politiche che potranno avere un impatto negativo sulle industrie di servizi."

Ancorare i governi sugli interessi dei gruppi d'affari? Sistemi di pre allarme contro le proposte politiche? Ma per conto di chi lavorate, presidente Prodi?

"Guardiamo alle cose più serie" ribatte il Presidente di fronte a quelle carte, "non guariamo a queste frasi che non dicono assolutamente nulla. Queste sono dichiarazioni che io condivido."

Eppure, tutto sarebbe più equlibrato se la Comissione Europea, che ci sta globalizzando, ogni tanto chiedesse anche a noi cittadini cosa ne pensiamo. Ma lo fa? Una cosa è certa, i grandi gruppi di servizi, come le finanziarie, le grandi assicurazioni o le banche vengono consultati in tempo reale da un sistema elettronico che si chiama S.I.S., messo in opera dalla Commissione Europea, come prova un altro documento firmato Direttorato Generale1, che recita: "La Commissione Europea ha creato un sistema di consultazione con le industrie dei servizi che permette ai negoziatori della Commissione di consultare rapidamente le aziende e anche i singoli azionisti."

Chiedo spiegazioni al responsabile di questa iniziativa, Dietrich Barth, nel suo ufficio al quinto piano della Commissione. Barth candidamente conferma: "Quest'anno sono previsti i negoziati del WTO per la liberalizzazione dei servizi. La Commissione ha un assoluto bisogno di conoscere gli interessi dei grandi gruppi d'affari di questo settore." Ma perché Barth, che lavora per i politici, non menziona anche gli interessi dei semplici cittadini? Gli chiedo provocatoriamente: "Sono sicuro che vorrete conoscere anche gli interessi delle persone comuni, o dei gruppi che li rappresentano. Dov'è il sistema elettronico per consultare anche loro?" "L'S.I.S è accessibile anche ai sindacati e ai gruppi di attivisti, non solo all'industria." Risponde sicuro.

Non mi rimaneva che chiedere conferma di questo sia ai sindacati che agli attivisti. Inizio da Cecilia Brighi, una esperta di globalizzazione dell'Ufficio Internazionale della Cisl, che ribatte seccamente: "Purtroppo i contatti voluti dalla Commissione con i sindacati sui temi della globalizzazione non sono così spinti come quelli che avvengono con le multinazionali; anzi, praticamente non esistono."

" Signora Brighi, lei ha mai sentito parlare del S.I.S.?", chiedo a bruciapelo. "No, mai." "Vi hanno informati dell'esistenza di questo sistema?", insisto. "Credo di poter affermare con certezza che le organizzazioni sindacali italiane non siano mai state informate di questo sistema di consultazione." L'Italia è lontana da Bruxell, e allora torno in Belgio per chiedere a Friends of the Earth, uno dei più grandi gruppi ambientalisti del mondo, se almeno loro, che hanno la sede a due passi dalla Commissione Europea, hanno mai sentito pronunciare il fatidico nome S.I.S. Mi risponde Alexandra Wandell, e lo fa con grande stupore: "Sfortunatamente è la prima volta che sento parlare di questo sistema di consultazione, me lo sta dicendo lei, a noi non l'hanno mai comunicato. La Commissione Europea dovrebbe smettere di declamare di iniziative che in realtà non ha nessuna intenzione di portare avanti."

La Commissione Europea ha fatto uno sforzo ciclopico per consultare i business d'Europa prima di Seattle. Ha fatto un sondaggio sui desideri dell'Investment Network, un'altra lobby di giganti industriali che include la Fiat e la Pirelli, e un secondo sondaggio su 10.000 aziende. Tutto documentato da me, nero su bianco. Fra l'altro ho cercato a Bruxell anche la sede di questo Investment Network, ma non l'ho trovata. Per forza, perché questo gruppo di multinazionali si riunisce proprio nella sede della Commissione Europea. E anche di tutto ciò ho discusso con Romano Prodi.

"Vede Presidente, la cosa che preoccupa è che tutto questo sembra non esistere poi con le ONG, coi consumatori, coi sindacati" e attendo la sua reazione.

"Coi sindacati io sono in colloquio quotidiano," mi rassicura Prodi, "ma se esiste questo Investment Network io francamente non glielo so dire, non lo sapevo, non sapevo neanche che esistessero sondaggi per le imprese, me lo fa vedere lei adesso. Ma se stesse qui dentro lei vedrebbe quanto dialogo c'è con le organizzazioni non governative e con i sindacati."

Cecilia Brighi, a distanza, replica con altrettanta sicurezza: "Non c'è ancora nulla, non lo hanno assolutamente ancora fatto, non c'è nulla, noi non sappiamo quali sono gli impatti degli accordi già sottoscritti, per esempio in tema di agricoltura o di occupazione, come per esempio non c'è consultazione sui temi sociali nel mondo. Tutto questo va costruito in tempi rapidissimi."

Che ci sia dialogo è dunque tutto da verificare; ma una cosa verificata invece c'è: anche quando la Commissione comunica con le organizzazioni dei cittadini non sempre c'è da fidarsi. Ho ottenuto due documenti sulla globalizzazione scritti dalla Commissione Europea che dovevano essere identici, intitolati "Regole internazionali per gli investimenti in seno al WTO", stesso protocollo e stessa data: solo che uno era destinato ai burocrati, l'altro ai cittadini. A una lettura più attenta sono emerse differenze radicali nei testi: la versione per la gente comune era tutta un'altra cosa.

Ma a proposito di fiducia, ritorniamo alla carne agli ormoni americana. Sulla base di quali prove il WTO condannò l'Europa? A rispondere è di nuovo Keith Rockwell: "Quello che le posso dire è che il WTO nel caso di dispute sulla sicurezza degli alimenti decide in base al parere degli scienziati della FAO. A loro fu chiesto di emettere il verdetto sulla carne agli ormoni."

E infatti un gruppo di scienziati cosiddetti super partes si riunirono proprio alla FAO a Roma, e più precisamente nella commissione chiamata Codex. Dalla FAO partì il verdetto: secondo loro l'Europa aveva torto. Ma gli scienziati della Fao erano davvero super partes, erano davvero imparziali?

"Certamente" sentenzia con fermezza Alan Randell, uno dei massimi responsabili dei gruppi scientifici della FAO, cui ho rivolto quelle domande. Randell spiega: "Siamo una organizzazione intergovernativa e il nostro compito è di fissare gli standard internazionali per la sicurezza degli alimenti. Abbiamo deciso che gli ormoni nella carne americana non pongono problemi alla salute, e potete fidarvi."

Tratto dal sito http://noglobalenet.supereva.it/I_globalizzatori/Barnard/barnard.html


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