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Afghanistan,
        Iraq e Iran: la guerra era già decisa nel 1998
        Di
        Iuri Gaudi
In molti hanno
        pensato e tuttora pensano che l’Afghanistan prima e l’Iraq poi
        facciano parte di un progetto di dominio coloniale americano in Asia.
        Seppur vero in parte, il documento di John Maresca, presentato alla
        House Committee On International Relations, Subcommittee On Asia And The
        Pacific il 12 febbraio 1998 descrive ben altre necessità del mondo
        industrializzato come primarie.
        Ormai tutti sono coscienti che i grandi interessi (petrolio e
        ricostruzione) che saranno soddisfatti con la “vittoria” in Iraq
        rappresentano la ricompensa per le grandi aziende che hanno finanziato
        la presidenza Bush (Halliburton (Dick Cheney), Carlyle (Bush senior,
        John Major) Texaco (Condoleeza Rice) etc..), ma meno chiari possono
        risultare i meccanismi macroeconomici che regolano i mercati
        occidentali. Basta prendere un grafico qualunque di un indice di borsa
        per notare come le grandi guerre economiche coincidano con la fine di
        fasi di recessione o di ristagno (il Nasdaq o il DJ, ad esempio, segnano
        rialzi prolungati in due date: gennaio 1991 e marzo 2003), e questo
        porta inevitabilmente a pensare che, in fase di crisi del mercato, la
        guerra possa essere pianificata al pari di una qualunque manovra
        economica per invertire la tendenza.
Meno coscienti si
        è, invece, pensando ad una terra ostile e povera come l’Afghanistan.
        Quale poteva essere il motivo di un attacco se non il terrorismo? E le
        conseguenti guerre in Iraq (“conclusa”) ed Iran (si, proprio Iran,
        bloccata solo dall’indignazione mondiale)
        John Maresca, e mi meraviglia che nessuno abbia mai pubblicato questo
        documento, semplice e lineare come nessun pacifista convinto sarebbe mai
        riuscito a comporre, dall’alto del suo ruolo di vicepresidente della
        Unocal Corporation lo espone con tranquillità ai membri della
        Commissione per le Relazioni Internazionali, settore Asia e Pacifico.
I
        tratti salienti della relazione sono i seguenti:
        - Gli Usa ed il mondo occidentale importano molto petrolio;
        - I mercati asiatici stanno crescendo in modo esponenziale e la
        loro richiesta di petrolio, sempre maggiore, rischia di far schizzare
        alle stelle il prezzo del greggio;
        - Le ex repubbliche sovietiche della zona asiatica producono una quantità
        immensa di petrolio che non sfruttano e che potrebbe servire a
        calmierare i prezzi, oltre che aumentare i profitti delle aziende
        americane del settore, se immesso nei mercati mondiali;
Le
        vie per far pervenire il petrolio ai mercati sono tre: 
        - Costruire
        un oleodotto attraverso la Cina, ma i costi sono proibitivi;
        - Costruire un oleodotto
        attraverso l’Afghanistan, ma occorre pacificarlo e porre al governo
        qualcuno favorevole a Stati Uniti e, soprattutto, a Unocal Corp.
        - Costruire
        un oleodotto attraverso una via che attualmente è impraticabile…
Non occorrerebbe
        aggiungere altro, ma vi sono ulteriori fatti che avvallano una guerra in
        nome dell’economia occidentale. Se si potesse al limite sostenere che
        la coincidenza tra Afghanistan/Terrorismo e Afghanistan/Risorsa è un
        caso, difficile è giustificare il motivo per cui Karzai, presidente
        afgano postbellico, risulta essere stato a libro paga della Unocal, e,
        analogamente, il rappresentante americano per il Golfo e l’Asia,
        Khalilzad, risulta essere stato a libro paga della Unocal.
        Maresca aggiunge: noi
        (della Unocal) chiediamo all'Amministrazione e al Congresso di sostenere
        con forza il processo di pace in Afghanistan condotto dalle Nazioni
        Unite. Il governo Usa dovrebbe usare la sua influenza per contribuire a
        trovare delle soluzioni per tutti i conflitti nella regione.
        L'assistenza Usa nello sviluppare queste nuove economie sarà cruciale
        per il successo degli affari.
        Tutto questo aggiunge una luce già inquietante di per se sui
        fatti dell’11 settembre. In un mondo in cui nulla accade per caso si
        incrociano decine di coincidenze.
        Perché dunque l’Iraq? Perché anche dopo la vittoria in Afghanistan,
        esso resta un paese senza pace, sconvolto da guerriglie tribali,
        inadatto quindi al passaggio di migliaia di km di oleodotti, che
        verrebbero fatti saltare in continuazione. La riserva di petrolio più
        facile da sfruttare e colonizzare, al costo più basso, con doppio
        profitto (gestito da multinazionali americane amiche di Bush, pronto a
        riversare un mare di petrolio sui mercati asiatici riducendone i costi)
        era l’Iraq (2 $ al barile per l’estrazione, contro i 3 dell’Arabia
        Saudita e i 10 del mare).
        Già si è iniziato a parlare di armi di distruzione di massa in Iran,
        ma perché? Era un obiettivo, la terza via di Maresca. Un oleodotto che
        attraversasse l’Iran. Il fallimento della campagna afgana ed il
        dilungarsi della guerra in Iraq hanno portato l’America ad
        interessarsi all’Iran invece che alla Siria, come suggerito (forse per
        non creare troppe coincidenze perfette) nel primo dopo Saddam.
        Solo l’opinione pubblica e l’indignazione per la guerra unilaterale
        ha, probabilmente, impedito l’estensione all'Iran. Ma fino a
        quando?
La relazione di John Maresca in inglese (documento word, 43,5b)