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Il caso Malatempora

Non possiamo non rispondere, nella maniera più chiara possibile, agli attacchi che troppo spesso divengono  insulti, e ancor peggio, calunnie, e che sono anche sfociati in un hackeraggio al nostro sito, perpetrato, ovviamente, da mani ignote.
Il fatto. Siamo stati  invitati dalla rivista Avanguardia, che ci ha fatto recensioni sui  libri di controeconomia di Domenico De Simone, e che si è mostrata molto interessata alle sue tesi. A noi è parsa una rivista che insiste sui temi dell’anticapitalismo da una prospettiva di destra radicale.
De Simone, per spirito libertario che ad alcuni è sembrato ingenuo, ad altri impolitico ha accettato di fare una conferenza, e Quattrocchi di accompagnarlo. A noi è parso che portare le idee di controeconomia contenute nei libri che pubblichiamo, dappertutto, anche lì, fino a lì, fosse opera utile. Trattasi di idee, non di progetti politici.
Le radici della controeconomia che può battere il potere finanziario vengono da lontano, dalla rilettura di Marx come di Keynes e Gesell, ma anche di Stirner, Steiner e di Ezra Pound. Cosa è accaduto di tanto terribile? De Simone ha tenuto una lezione di un’ora sul come il potere finanziario possa essere battuto, qui ed ora. Niente altro.

Sfortunatamente, sul sito e sul mensile Avanguardia, con una forzatura visiva che non volevamo, hanno accostato il logo Malatempora a quello di Avanguardia. Qualcuno, mai sapremo chi, ha gridato al lupo: «Avallate i nazi!», «siete fascisti!», hanno cominciato ad urlare le e-mail, tutte non firmate, in un delirio accusatorio che ci ha profondamente scosso, amareggiato, incollerito. Cui non abbiamo potuto rispondere, nel metodo e nel merito.
Siamo due signori che hanno il doppio dell’età di molti degli accusatori internettisti e non. Abbiamo cercato di comprendere, alla luce degli eterni scontri (quanto utili al potere?) tra gli  opposti estremismi (dei bastoni, non delle idee) la loro ira. Pensiamo di aver infranto, senza volerlo, quasi senza saperlo, un antico tabù che pensavamo fosse stato sepolto da Voltaire.
Non è qui il luogo per discuterne: ci siamo ovviamente offerti di farlo, ma siamo stati travolti dagli insulti, da accuse deliranti che dopo un’intera vita di militanza pubblica  mai avremmo immaginato.

Noi siamo profondamente dispiaciuti, alla luce delle furibonde reazioni basate sul sentito dire, su un accostamento di logo, di avere infranto un tabù. Ci scusiamo con chi si è sentito offeso, o spiazzato, da tale gesto, nostro personale e non del collettivo Malatempora.
Ma cosa ha tutto questo a che fare con la nostra vita non breve di militanti libertari che cercano percorsi di radicalità nuovi, che non fanno capo a botteghe ideologiche, che mettono, nel pensiero e negli scritti una visione libertaria che i cinque anni e più di cinquanta libri di Malatempora incarnano?
A chi piace, piaccia chiamarci compagni che hanno sbagliato. Perché, ovviamente, alla luce dell’accaduto, ci guarderemo bene dal rifare una tale scandalosissima uscita. Altri si domandino il perché di questo Maccartismo dentro il movimento, che ha scatenato una caccia alle streghe nei nostri confronti. Fino al cartello: «qui non si vendono libri Malatempora» di una libreria romana, cartello che si commenta da solo. Fino al rifiuto di tenere i nostri libri, e badate bene, il tutto senza nessuna richiesta di «chiarimento», come nei Settanta si sarebbe fatto.
Che almeno tutto ciò ci insegni qualcosa, sulla tolleranza, sul rispetto dell’altro, sulla non demonizzazione, che del movimento è, dovrebbe essere, la base  fondante.

Domenico De Simone, Angelo Quattrocchi

Questa lettera è stata mandata al Manifesto, a Indymedia, a Information Guerrilla ed a disinformazione.it

 
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