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Il tintinnar di manette
Di Domenico de Simone tratto da «Malatempora Magazine»

Sembra essere tornati ai tempi iniziali di mani pulite. Indagini, perquisizioni, mandati di cattura, avvisi di garanzia, quotidianamente occupano le prime pagine dei giornali e le cronache dei Telegiornali. Con un certo imbarazzo, i commentatori snocciolano i nomi degli indagati, mostrano le immagini delle perquisizioni, fanno ipotesi su chi saranno i prossimi ad essere coinvolti nelle inchieste. Certo, nessuno si è meravigliato dei provvedimenti cautelari nei confronti dei responsabili della Parmalat e nemmeno per quelli della Cirio, anche se con un paio di annetti di ritardo. Nemmeno ha destato meraviglia il mandato di cattura per il patron di Finmatica, dopo la sventurata idea di andare a proporre un bond quanto meno dubbio proprio nel momento in cui il solo pronunziarne il nome attirava l'interesse della metà delle Procure d'Italia. E che diamine, c'è un limite a tutto! Ben altro accoglimento hanno avuto gli avvisi di garanzia nei confronti di Presidenti ed alti funzionari di banche e soprattutto quello nei confronti del Governatore della Banca d'Italia.

E' chiaro che non è finita così, e che gli avvisi di garanzia sono solo la premessa di eventi ben più clamorosi.
In lontananza, infatti, si ode distintamente un tintinnar di manette, e questa volta il campanellino che spalanca le porte delle più esclusive carceri italiane suona per i signori del potere finanziario. Già, perché mentre tutti si sforzano di scaricare le responsabilità dei crack sulle straordinarie capacità truffaldine dei vari Cagnotti, Tanzi, Tonna e rispettivi parenti ed amici, per dimostrare e sostenere a spada tratta che il sistema è sano e che solo diaboliche menti criminali hanno potuto ingannare utilizzando le loro insuperabili arti malvagie, la magistratura sembra puntare dritto al cuore del potere, proprio come fece nell'ormai lontano 1992, quando i mandati di cattura per i Chiesa di turno furono accompagnati dagli avvisi di garanzia per i politici più potenti ed in vista di allora. 
Il potere, però, non risiede più nelle aule del Parlamento né sulle poltrone del governo, bensì nei palazzi discreti del potere finanziario. Sapete che è vietato filmare l'edificio della Banca d'Italia? Provate ad andare a via Nazionale e puntare sul palazzone una innocua telecamera. Dopo qualche istante un solerte poliziotto in borghese vi dirà che è vietato. Come sia possibile è un mistero, in fondo questo è un paese in cui certe libertà almeno formalmente sembrano ancora riconosciute. Però, sapete, che quando si tratta del potere vero le cose cambiano radicalmente, e quando si pensa alle banche ed in particolare alla Banca d'Italia, si tratta davvero del potere.

Del potere di creare denaro dal nulla attraverso il debito, un meccanismo che richiede la disponibilità di alcuni soggetti che abbiano un'aria credibile e presentabile al mercato e che siano disposti a stare al gioco. Le banche riempiono di debiti le imprese e poi li scaricano sui risparmiatori vendendogli i bond che esse stesse collocano sul mercato. Poi le sostengono creando altri debiti e con essi altro denaro che prima o poi ritornerà in banca attraverso il reddito che tutti noi facciamo con il nostro lavoro. Insomma, le banche guadagnano quando le cose vanno bene e non perdono, anzi guadagnano lo stesso, quando le cose vanno male, visto che le perdite le scaricano sui risparmiatori. E' andata così con i bond argentini, con la Cirio, con la Parmalat, con la Banca 121. Ma questo è solo un aspetto del potere delle Banche di creare denaro, e in fondo non è nemmeno il più importante, anche se la gente ci rimette i risparmi.
Infatti, il problema principale è il meccanismo di creazione del denaro, che comporta l'aumento costante del debito e la necessità di casi come quelli della Cirio e della Parmalat, ma anche di casi come quello della Enron e del fondo LTCM che sei anni fa fece tremare la finanza mondiale e portò nel caos finanziario la Russia di Eltsin. Perché se la moneta può crescere solo con il debito, è necessario che le banche trovino sempre nuovi soggetto disposti ad indebitarsi per poterlo emettere mentre, se non lo emettono, l'economia langue e gli scambi cadono generando miseria e fallimenti a catena. Ogni nuovo soggetto che si indebita, sia esso impresa, Stato o privato cittadino, porta nuova linfa al potere delle banche e delle istituzioni finanziarie, poiché ogni nuovo debito comporta che una porzione maggiore di ricchezza finisce nelle banche attraverso gli interessi ed aumenta l'impoverimento del paese. In altri termini, siamo arrivati al redde rationem, questa è la crisi dell'economia del debito. Qualunque cosa faranno le banche, ci attende un futuro di miseria e di crisi.

La magistratura se n'è accorta e, come sempre accade quando si sgretola un edificio del potere, si è messa in azione. Per questo il tintinnar delle manette è arrivato a Via Nazionale e nelle sedi delle principali banche italiane. 
Però, quello che deve essere messo sotto processo non è solo la corruzione e gli interessi privati nel sistema del credito, come di potere vuole far credere, ma l'intero sistema del credito e della creazione del denaro. Perché solo se ci liberiano della grande usura delle banche possiamo sperare in un mondo migliore.

Domenico de Simone 

 
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