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Camminare per guarire la vista
A cura di Rishi Giovanni Gatti - tratto da www.ecplanet.com
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Nel libro “Vista Perfetta Senza Occhiali — Bates” il Dott. Bates chiarisce che per guarire dalla vista imperfetta occorre esercitarsi con la Tabella di Controllo di Snellen per almeno un'ora al giorno ed esercitarsi con altri oggetti per ventitre ore al giorno.
La prima parte di questa affermazione è facile da capire: il Dott. Bates ci dice che la Tabella di Snellen è un ottimo strumento per fare pratica, leggendone le righe senza sforzarsi di vedere, chiudendo frequentemente gli occhi e ricordando o immaginando il nero delle lettere sempre più nero e il bianco dei bordi e dello sfondo sempre più bianco. È la seconda parte della sua affermazione che ci coglie impreparati e ci fa sobbalzare: come è possibile esercitarsi per ventitre ore al giorno in una qualsiasi attività? 
Semplicemente, il Dott. Bates dice questo per farci capire che l'unico modo per guarire la vista è quello di smettere di sforzarsi per vedere, e quindi di ricuperare quello stato di rilassamento mentale naturale che avevamo prima di ammalarci di vista imperfetta. Solo nel rilassamento infatti è possibile esercitarsi 24 ore su 24 senza stancarci, e cioè vivere una vita felice e piena. E questo “esercitarsi” in realtà non è altro che il funzionamento normale dell'organismo umano, del corpo e della mente, quando sono in stato di “operosa quiete” e non vi sono perdite di energie in sforzi inutili. 
Tra le tante attività che si fanno durante il giorno vi è il camminare. Il Dott. Bates ha inventato un metodo di rilassamento basato su questa semplicissima attività umana: semplicemente si tratta di immaginarsi una linea mediana che parte dal centro del corpo, sul suolo, e si proietta in avanti in lontananza, all'infinito, come per dividere lo spazio in due settori, ciascuno in relazione ad un lato del corpo; mentre si cammina, si fa caso alla sensazione di dondolio che si percepisce osservando come lo sguardo si sposti da un settore all'altro, ogni volta che il piede più avanzato tocca terra e “cede il passo” all'altro che si stacca e lo supera. In sostanza bisogna esercitarsi nell'osservare come l'alternarsi dei due piedi sul terreno corrisponda ad un naturale spostamento dello sguardo tra le due parti del paesaggio che scorre avanti all'osservatore.
Se si riesce a mantenere questa sensazione di “dondolìo universale” mentre si cammina, si possono percorrere distanze incredibili senza alcuno sforzo e senza precedente allenamento: è un vero e proprio antidoto all'affaticamento e alla noia. Ovviamente le condizioni più favorevoli per praticare il camminare sono quelle di una buona condizione luminosa (e cioè il bel sole primaverile) e di uno scenario che sia interessante per il soggetto, come ad esempio un sentiero di campagna o di montagna, ma anche una via importante nel centro cittadino, con vetrine piene di oggetti colorati, persone che si incrociano, mezzi dei più diversi in movimento, cartelli stradali e dei numeri civici sugli stabili e semafori, insegne luminose, manifesti pubblicitari, eccetera eccetera.

Quanto detto finora ha un senso ed una utilità solo se viene praticato senza occhiali e lenti a contatto, e senza occhiali da sole. Chi è miope e si sente in difficoltà, deve solo fare un po' di pratica iniziale guardando oggetti vicini, evitando di guardare in lontananza all'orizzonte o dall'altro lato della strada, per non rischiare di aumentare lo sforzo per vedere. Con il tempo e la pratica quotidiana, ecco che la sensazione di dondolio si stabilisce con più sicurezza e più velocemente e sarà possibile alzare un po' lo sguardo e scoprire che anche gli oggetti lontani si trovano incredibilmente a fuoco, prima solo se sono bene illuminati, e in seguito anche se sono in penombra.
Chi scrive si è trovato a percorrere in questo modo circa sette chilometri e mezzo lungo le vie di Milano, da Porta Venezia a via Rogoredo, in meno di un'ora e tre quarti, senza accusare il benché minimo fastidio. Anzi, il tempo è volato e la vista si è dimostrata normale e spesso addirittura perfetta (quindici o venti decimi), come è dimostrato dal fatto di aver potuto leggere le scritte minuscole incise sul marmo dei cartelli delle strade ad oltre trenta metri, o l'orologio dell'ora elettrica a oltre centocinquanta metri.
Chiunque può dimostrare questi fatti, se abbandona gli occhiali correttivi per qualche giorno e sta alla luce del sole per qualche ora, a guardare lo scenario che scorre davanti a lui facendo bene attenzione a rinunciare allo sforzo che fa per vedere chi ha vista imperfetta. È sufficiente avere un po' di pazienza e ricordare che il mondo si muove, grazie anche allo stratagemma della linea immaginaria di mezzeria che evita di fissare lo sguardo e aiuta a mantenere il dondolio.

Rishi Giovanni Gatti
Giornalista, direttore responsabile de IL FALCO PER L'EDUCAZIONE ALLA VISTA PERFETTA, rivista periodica bimestrale esclusiva dedicata alla divulgazione delle pubblicazioni originali di William H. Bates, M.D., lo scopritore della cura della vista imperfetta mediante trattamento senza occhiali. 

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