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I contratti-capestro della Monsanto
Marina Zenobio - «Il Manifesto» 22 novembre 2003

La Monsanto in Argentina si chiama Nidera. E' questo il nome dell'impresa che distribuisce agli agricoltori locali, per conto della multinazionale, i semi di soia Roundup Ready, geneticamente modificati per resistere all'erbicida glifosato che la Monsanto stessa commercializza con il nome di Roundup. Monsanto e Nidera li definiscono varietà «non convenzionali», per noi sono organismi geneticamente modificati. Il glifosfato è noto per i suoi devastanti effetti sulla salute umana e sull'ambiente. Ma c'è un altro aspetto della compravendita di semi di soia Roundup Ready tra agricoltori argentini e l'impresa Nidera che merita attenzione, contratti capestro che rendono lo sviluppo agricolo dei contadini completamente asservito agli interessi economici della Monsanto. La multinazionale ha sui semi che vende una doppia protezione per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale: quello di beneficiario degli utili e il diritto da brevetto ottenuto per la modifica genetica. Di fatto i semi che il contadino paga non saranno mai suoi, continueranno a essere esclusiva proprietà di Nidera-Monsanto. I semi così affittati potranno essere coltivati per ottenere grani per consumo o farine, oppure usarne le piante come foraggio, ma sarà assolutamente vietata la conservazione per uso proprio dei semi prodotti dal raccolto. Tanto meno potranno esseri venduti, ceduti o essere merce di scambio tra agricoltori.

C'è una clausola, riportata sulle etichette dei pacchi contenenti semi di Soia RR in vendita in Argentina da Nidera, che dice: «La riproduzione, la commercializzazione e/o la cessione a qualsiasi titolo della varietà di Soja RR senza la dovuta autorizzazione è una violazione al diritto di proprietà intellettuale protetto dall'art. 37 della Legge sui semi n. 20.247 passibile di sanzioni commerciali e/o penali».
Ma la «magnanimità» della Monsanto-Nidera si evidenza nella sua massima espressione in un'altra clausola, quella della «regalìa extendida», una sorta di rendita a oltranza sul copyright da brevetto per la modifica genetica effettuata sui semi: un'ulteriore entrata economica pretesa dalle imprese del settore sementifero che si rinnoverà di stagione in stagione, a ricompensa, dicono, dei loro grandi investimenti in progetti di ricerca per quello che loro definiscono miglioramento fitogenetico.


La denuncia arriva dall'organizzazione argentina Acciòn por la Biodiversidad. In pratica accade che se l'agricoltore argentino, che ha comprato semi di Soia RR Nidera, volesse utilizzare le sementi prodotte del raccolto - anche solo ed esclusivamente per uso e consumo personale - dovrà pagare all'impresa un costo annuale di 2 dollari più tasse per ogni sacco da 50 kg di semi di soia da utilizzare per le semine successive. Questo meccanismo si ripeterà di anno in anno sulla quantità di semi che si riprodurranno in ogni raccolto. Ma, affinché la «regalìa extendida» possa essere applicata, ogni agricoltore che volesse avvalersi di questa opportunità dovrà, alla fine del raccolto, informare la Nidera Semilla S.A. dei chilogrammi di semi ottenuti e conservati ad uso proprio, il luogo dove sono stati immagazzinati e la zona dove verranno ripiantati. L'impresa ovviamente si riserva il diritto di ispezionare i luoghi segnalati per controllare che si rispettino gli accordi di contratto. L'acquisto di semi di Soia Nidera implica la formale e incondizionata accettazione, da parte degli agricoltori, delle clausole riportate sull'etichetta altrimenti si rischiano azioni legali pertinenti previste dalla Legge sui semi e sui Brevetti.

Per l'organizzazione Acciòn por la Biodiversidad, questo è un vero e proprio attacco all'autonomia, alla sovranità alimentare e alla biodiversità di intere popolazioni da parte delle multinazionali. Resistere e far conoscere questa realtà a livello nazionale e internazionale è la sfida.

 
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