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L’operazione
        «Piombo Fuso»
        La guerra israeliana è finanziata dall’Arabia saudita
        di Thierry
        Meyssan - www.voltairenet.org/article158979.html
        
L’attacco israeliano contro Gaza è
        un’opzione preparata da lunga data. La decisione di attivarlo è stata
        presa in risposta alla nomina dell’amministrazione Obama. I
        cambiamenti strategici a Washington sono sfavorevoli per gli scopi
        espansionistici di Tel Aviv. Israele ha dunque cercato di forzare la
        mano della nuova presidenza statunitense mettendola dinanzi al fatto
        compiuto. Ma per organizzare la sua operazione militare, Israele ha
        dovuto sostenersi su nuovi partner militari, l’Arabia Saudita e
        l’Egitto, che costituiscono ormai un paradossale asse
        sionista-musulmano. Riad finanzia le operazioni, rivela Thierry Meyssan,
        mentre Il Cairo organizza i paramilitari.
        Da sabato 27 dicembre 2008, alle 11:30 (ora locale), le forze armate
        israeliane hanno lanciato un’offensiva contro la striscia di Gaza,
        inizialmente aerea, quindi terrestre dal 3 gennaio 2009, 18:30 (ora
        locale). Le autorità israeliane dichiarano che esse riguardano
        esclusivamente obiettivi di Hamas e di prendere le massime precauzioni
        per salvare le vite dei civili.
        In pratica, occuparsi dei “siti di Hamas” significa distruggere non
        soltanto gli edifici di questo partito politico, ma anche gli alloggi
        dei suoi quadri e, soprattutto, tutti gli edifici ufficiali. In altri
        termini, questa operazione mira a distruggere ogni forma
        d’amministrazione nella striscia di Gaza.
Il generale Dan Harel, capo di stato maggiore
        aggiunto, ha precisato: “Quest’operazione è diversa dalle
        precedenti.. Abbiamo alzato di parecchio il limite ed andiamo in questa
        direzione. Non colpiamo soltanto i terroristi ed i lanciarazzi, ma anche
        tutto il governo di Hamas. Miriamo agli edifici ufficiali, alle forze di
        sicurezza, e scarichiamo la responsabilità di tutto ciò che avviene su
        Hamas, senza fare alcuna distinzione tra le sue varie ramificazioni.”
        D’altra parte, “fare il possibile per salvare le vite dei civili”
        sorge dalla retorica pura e non ha alcuna possibilità di realizzarsi:
        con circa 3900 abitanti per chilometro quadrato [1],
        la striscia di Gaza è uno dei territori dalla più alta densità di
        popolazione al mondo. È materialmente impossibile raggiungere gli
        obiettivi scelti senza distruggere, allo stesso tempo, le abitazioni
        vicine.
        Le autorità israeliane affermano agire per legittima difesa. Secondo
        esse, diversi lanci di razzi contro lo Stato ebreo hanno provocato la
        rottura unilaterale della tregua da parte di Hamas, il 19 dicembre 2008.
        Ma Hamas non ha rotto la tregua. Una tregua di sei mesi era stata
        conclusa tra Israele ed Hamas tramite l’Egitto, Israele si era
        impegnato ad interrompere il blocco della striscia di Gaza; l’Egitto
        si era impegnato a riaprire il punto di passaggio di Rafah, ed Hamas si
        era impegnato a fermare i tiri dei razzi contro Israele.
        Tuttavia, Israele e l’Egitto non hanno mai adempiuto ai loro impegni.
        Hamas interruppe i tiri dei razzi per dei mesi. Li riprese a novembre,
        in seguito a una mortale incursione israeliana.
Traendo il bilancio della duplicità dei suoi
        interlocutori, Hamas ha giudicato inutile rinnovare un accordo a senso
        unico. I lanci dei razzi contro Israele hanno avuto luogo dal 2001.
        Circa 2500 tiri sono stati registrati in 7 anni. Hanno ucciso un totale
        di 14 Israeliani fino al lancio dell’offensiva. Non hanno fatto alcuna
        vittima tra la fine della tregua e l’ultimo attacco israeliano. Ma la
        nozione di difesa legittima suppone una proporzionalità dei mezzi, ma
        non è così ovviamente.
        Tsahal ha impiegato una sessantina di bombardieri ed almeno 20000 uomini
        super-equipaggiati di fronte a resistenti armati di razzi rudimentali e
        di adolescenti forniti di pietre. È impossibile oggi calcolare i danni
        materiali ed umani. Al decimo giorno di bombardamenti, gli ospedali ed i
        servizi d’emergenza hanno contato 530 morti. Questa cifra non tiene
        conto delle vittime morte prima dell’arrivo degli aiuti, i cui corpi
        vengono recuperati direttamente dalle famiglie, senza informare i
        servizi sanitari. I feriti si contano a migliaia. In mancanza di
        medicine, non potranno ricevere le cure necessarie e saranno, per la
        maggior parte, menomati a vita. Le distruzioni materiali, quanto ad
        esse, sono considerevoli.
L’operazione è stata lanciata nel corso
        della festa di Hanoukka, giorno dello shabbat. È stata nominata
        “piombo fuso” seguendo una canzone di Haïm Nahman Bialik che si
        intona durante gli otto giorni di Hanoukka. In tal modo, Israele, che si
        considera “lo Stato ebraico”, connota questa operazione come causa
        nazionale e religiosa. Hanoukka commemora il miracolo dell’olio: per
        rendere grazie a dio, gli ebrei che avevano respinto i greci, accesero
        una lampada ad olio nel tempio senza prendere il tempo di purificarsi;
        ma mentre la lampada conteneva olio soltanto per un giorno, bruciò per
        otto giorni.
        Legando l’operazione militare attuale al miracolo dell’olio, le
        autorità israeliane dicono alla loro popolazione che non è atto impuro
        uccidere i Palestinesi.
La guerra israeliana ha suscitato proteste in
        tutto il mondo. Le manifestazioni più importanti hanno avuto luogo in
        Turchia, dove hanno raccolto 700.000 persone. Il National Information
        Directorate, nuovo organo di propaganda collegato ai servizi del primo
        ministro, ha allora chiamato i diversi capi israeliani a sviluppare
        un’altra argomentazione. L’operazione “piombo fuso” sarebbe una
        battaglia “della guerra mondiale al terrorismo”, dichiarata dagli
        Stati Uniti e sostenuta dal mondo occidentale.
        Infatti Hamas è considerata un’organizzazione terroristica da parte
        degli Stati Uniti, anche se formalmente non lo è per l’Unione
        europea. Il governo israeliano tenta di rilanciare la tematica “dello
        scontro delle civiltà”, cara all’amministrazione Bush, mentre
        l’amministrazione Obama, che entrerà in funzione il 20 gennaio, ha
        chiaramente annunciato che l’abbandonerebbe.
        Questa gaffe retorica lascia prevedere le motivazioni reali
        dell’operazione. Queste sono tempo da ricercare allo stesso nella
        natura del confronto e nella particolarità dell’attuale operazione.
        La logica del movimento sionista è di adattarsi questa terra
        ripulendola etnicamente o, in caso contrario, di imporre un sistema di
        segregazione. I palestinesi sono allora parcheggiati in riserve, sul
        modello dei bantustan sudafricani; come 
Ogni 5/10 anni, un’importante operazione
        militare deve essere spiegata per rompere le velleità di resistenza di
        questa popolazione. Da questo punto di vista l’operazione “piombo
        fuso” è soltanto un massacro in più, perpetrato da uno Stato che
        usufruisce dell’immunità totale da sessant’anni. Come ha rivelato Haaretz,
        il ministro della difesa Ehud Barack ha accettato la tregua di sei mesi
        soltanto per spingere i combattenti di Hamas ad uscire dall’ombra. Ha
        messo a profitto questo periodo per studiarli, allo scopo di
        distruggerli appena se ne fosse presentata l’occasione [2].
L’offuscamento
        della nuova amministrazione USA
        Resta il fatto che questa operazione si volge
        durante il periodo transitorio della presidenza statunitense. Dal
        settembre 2008, gli osservatori attenti prevedevano che Barack Obama
        sarebbe andato alla Casa Bianca grazie al sostegno di una coalizione
        eteroclita che comprende il complesso eco-finanziario, il movimento
        sionista, i generali in rivolta ed i partigiani della Commissione
        Baker-Hamilton. Da parte mia, avevo annunciato questo risultato fin dal
        mese di maggio. Ma questa coalizione non ha posizioni definite sul
        Vicino-Oriente.
        I generali in rivolta ed i partigiani della Commissione Baker-Hamilton
        pensano assieme al loro mentore, il generale Brent Scowcroft, che gli
        Stati Uniti hanno sovraesteso i loro eserciti, e devono imperativamente
        limitare i loro obiettivi e ricostituire le loro forze. Si sono opposti
        ad una guerra contro l’Iran, ed al contrario hanno affermato la
        necessità di ottenere l’aiuto di Teheran per evitare la rovina in
        Iraq. Deplorano i tentativi di rimodellamento del grande Medio Oriente
        (cioè della modifica delle frontiere) e chiedono un periodo di stabilità.
        Alcuni di loro giungono perfino a raccomandare di fare passare 
Questa prospettiva significa la fine del sogno
        d’espansione sionista, tanto quanto la fine di alcuni regimi arabi
        sostenuti, fino a oggi, da Washington. Da parte loro, i sionisti
        statunitensi che hanno lanciato in politica Barack Obama, soltanto
        dodici anni fa, ai quali si sono aggiunti i Clinton, da quando Hilary
        s’è convertita al sionismo cristiano ed ha aderito alla Fellowhip
        Foundation, sostengono la prosecuzione del progetto di segregazione.
        Sulla la scia della lettera di George W. Bush ad Ariel Sharon e della
        conferenza di Annapolis, vogliono completare la trasformazione dei
        territori in bantustan. Uno o due stati palestinesi sarebbero
        riconosciuti dagli Stati Uniti ed i loro alleati, ma questo, o questi,
        stati non sarebbero sovrani. Sarebbero privi di eserciti, la loro
        politica estera e le loro finanze resterebbero sotto controllo
        israeliano. Se si riuscisse a sradicare la resistenza, alla fine si
        confonderebbero nel paesaggio, come le riserve indiane negli Stati
        Uniti.
Preoccupati per il loro futuro comune,
        delegazioni egiziane, israeliane e saudite si sono riunite in Egitto in
        settembre ed ottobre 2008. Secondo una fonte della resistenza, al
        termine di questi negoziati, si è deciso che in caso di un’evoluzione
        sfavorevole di Washington, Israele lancerebbe una vasta operazione
        militare a Gaza, finanziata dall’Arabia Saudita, mentre l’Egitto
        farebbe entrare dei paramilitari a Gaza. Se parecchie volte, in passato,
        i governi arabi hanno lasciato campo libero ad Israele, è la prima
        volta che partecipano alla pianificazione di una guerra israeliana,
        costituendo così un asse sionista-musulmano.
        Informata in tempo reale dal capo di gabinetto Rahm Emanuel (doppio
        nazionalità Israeliana-USA ed ufficiale dell’intelligence militare
        israeliana) delle rapporti di forza nell’ambito del gruppo Obama, la
        troika Israele-Egitto-Arabia saudita ha avuto la notizia della
        ripartizione delle funzioni. I posti importanti al segretariato di Stato
        saranno affidati a protetti di Madeleine Albright e di Hillary Clinton.
        I due segretari di Stato aggiunti, James Steinberg e Jacob Lew sono
        sionisti convinti. Il primo è stato uno dei redattori del discorso di
        Obama presso l’AIPAC.
Il Consiglio nazionale di sicurezza è in mano
        agli atlantisti, preoccupati che le provocazioni israeliane sfocino
        nell’interruzione dell’approvvigionamento energetico
        dell’occidente: il Generale Jones e Tom Donilon. Jones che era
        incaricato di seguire la conferenza di Annapolis, ha più volte espresso
        la sua irritazione di fronte alla mossa israeliana. Il segretariato alla
        difesa resta nelle mani di Robert Gates, un ex-assistente di Scowcroft
        ed un membro della Commissione Baker-Hamilton. Si prepara a dare il
        benservito ai collaboratori che ha ereditato da Donald Rusmfeld e che
        non aveva potuto trasferire prima, come ha già fatto con due maniaci
        anti-iraniani, il segretario all’aviazione militare Michael Wynne ed
        il suo capo di stato maggiore, il Generale T. Michael Moseley. Inoltre,
        Gates è riuscito ad imporre il suo amico Léon Panetta, già membro
        della Commissione Baker-Hamilton, alla testa della CIA.
Riassumendo, la troika può sempre contare
        sull’appoggio diplomatico degli Stati Uniti, ma di più sul suo
        massiccio aiuto militare.
L’Egitto,
        l’Arabia Saudita e 10.000 paramilitari arabi con Israele
        È il punto nuovo nel Vicino-Oriente. Per la
        prima volta una guerra israeliana non è finanziata dagli Stati Uniti,
        ma dall’Arabia Saudita. Riad paga per schiacciare il principale
        movimento politico sunnita che non controlla, Hamas. La dinastia del
        Saud, sa che deve distruggere ogni alternativa sunnita nel
        Vicino-Oriente per mantenersi al potere, è per questo che ha fatto la
        scelta del sionismo musulmano. L’Egitto, quanto ad esso, teme
        un’estensione, attraverso i fratelli musulmani, delle sommosse
        sociali. La strategia militare resta tuttavia statunitense, come in
        occasione della guerra del 2006 contro il Libano.
I bombardamenti non sono concepiti per
        eliminare i combattenti, cosa che ho indicato sopra, non ha senso in
        ambiente urbano, ma deve paralizzare la società palestinese
        nell’insieme. È l’applicazione della teoria dei cinque cerchi di
        John A. Warden III.
        In definitiva, sempre secondo Haaretz, Ehud Olmert, Ehud Barack e
        Tzipi Livni hanno deciso la guerra il 18 dicembre, cioè alla vigilia
        della scadenza della tregua. Il National Information Directorate ha
        organizzato una simulazione, il 22 dicembre, per preparare le menzogne
        che servivano a giustificare il massacro.
        L’operazione è cominciata il 27 dicembre in modo da evitare che il
        papato possa immischiarsi. Benedetto XVI°, tuttavia, ha evocato nel suo
        messaggio di Natale “un orizzonte che sembra ridiventare scuro per gli
        Israeliani ed i palestinesi”.
Ritorniamo al teatro dell’operazione.
        L’aviazione israeliana ha preparato il terreno per una
        penetrazione terrestre, che apre la via ai paramilitari Arabi. Secondo
        le nostre informazioni, circa 10.000 uomini sono attualmente ammassati
        presso Rafah. Esercitatisi in Egitto ed in Giordania, sono agli ordini
        dell’ex-consulente nazionale della sicurezza di Mahmoud Abbas, il
        generale Mohammed Dahlan (l’uomo che organizzò l’avvelenamento di
        Yasser Arafat per conto degli Israeliani, secondo documenti resi
        pubblici due anni fa). Sono destinati a svolgere il ruolo che era stato
        attribuito alla milizia di Elie Hobeika, a Beyrouth, quando le truppe di
        Ariel Sharon circondarono i campi profughi di Sabra e Chatila.
Tuttavia, la troika sionista esita a lanciare i
        suoi “cani da guerra” finché la situazione militare all’interno
        della striscia di Gaza resta dubbia. Da due anni numerosi resistenti
        palestinesi sono stati formati alle tecniche della guerriglia da
        Hezbollah. Benché siano, in teoria, sprovvisti delle armi necessarie a
        questo tipo di combattimento, si ignora quali siano la loro esatta
        forza. Una sconfitta sul campo sarebbe una catastrofe politica per
        Israele, dopo la sconfitta del suo esercito in Libano, nel 2006, e dei
        suoi istruttori in Georgia, nel 2008. È sempre possibile ritirare
        rapidamente i propri blindati da Gaza, ma non sarà lo stesso ritirare i
        paramilitari Arabi.
        L’Unione europea ha fatto appello per una tregua umanitaria. Israele
        ha risposto che ciò non era necessario, poiché non ci sono altre crisi
        umanitarie dall’inizio dei bombardamenti. Per prova della sua buona
        fede, presumibilmente, “lo Stato ebreo” ha lasciato entrare alcune
        centinaia di autocarri con aiuti alimentari e medici… per i 1400000
        abitanti.
In ogni guerra che Israele ha condotto in
        violazione del diritto internazionale, un palcoscenico diplomatico è
        stata organizzato per permettergli di guadagnare tempo, mentre gli Stati
        Uniti bloccavano ogni risoluzione del Consiglio di sicurezza. Nel 2006
        furono Romano Prodi e la conferenza di Roma. Questa volta è il
        presidente francese, Nicolas Sarkozy, che produce l’intrattenimento.
        Ha annunciato che dedicherebbe due giorni del suo tempo prezioso, per
        regolare un problema dove gli altri falliscono da 60 anni.
        Non lasciando affatto dubbi sulla sua parzialità, il sig. Sarkozy ha
        inizialmente ricevuto all’Eliseo il ministro israeliano degli affari
        esteri, Tzipi Livni e il capo sunnita saudo-libanese Saad Hariri, ed ha
        avuto un colloquio telefonico con il presidente Egiziano Hosni Moubarak,
        il presidente marionetta dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas ed
        il primo ministro Israeliano Ehud Olmert.