Dittatura: "La situazione data dall'accentramento, in via straordinaria e temporanea, di tutti i poteri in un solo organo". ("Vocabolario illustrato della lingua italiana" - G. Devoto e G.C. Oli).
Il Presidente del Consiglio afferma di vitale importanza "cancellare la par condicio", perché non trova giusto "questo obbligo di dare spazi uguali a tutti i partiti, a prescindere dai voti che prendono". Dichiarazioni pesantissime e molto preoccupanti da parte di un premier che possiede tre reti nazionali private, e controlla, attraverso il suo governo, le tre reti nazionali pubbliche. Per non parlare del monopolio assoluto della pubblicità e delle centinaia di holding sparse qua e là che spaziano dall'editoria (numerose case editrici), alle assicurazioni, alla distribuzione e produzione cinematografica, ecc.
Un simile accentramento di potere mediatico non è pericoloso per la libertà d'informazione, e non solo?

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Berlusconi va al contrattacco: «Ora cancello la par condicio»
di Barbara Jerkov – tratto da «La Repubblica» 18 dicembre 2003

ROMA - Abolire la par condicio. "Perché non si può andare avanti così", ha spiegato chiaro e tondo Berlusconi ai fedelissimi, "fino ad oggi abbiamo sempre vinto le elezioni con due mani legate dietro la schiena e un piede legato. Il piede almeno ce lo vogliamo slegare?". Ecco, mentre i tecnici del governo sono al lavoro per scrivere a tempo di record il decreto che deve salvare Retequattro, mentre gli alleati scaldano i muscoli alzando il prezzo sulla legge Gasparri in vista del rimpasto, Berlusconi già pensa al dopo e rilancia: "Adesso cancelliamo la legge-bavaglio". La par condicio, appunto.
Lo choc provocato dal rinvio di Ciampi, ha innescato in tutti una gran voglia di reagire. La Lega teme apertamente che An e Udc reclamino, in cambio di altri voti sulla Gasparri, la testa di Tremonti. Di certo Fini e Follini si sono trovati d'accordo, sentendosi a più riprese, sulla necessità che a questo punto la verifica di governo dev'essere l'occasione per un rilancio vero della coalizione. Un rimpastino non basta, insomma.

"Cosa cambia se alla fine di tutto esce Marzano e entra D'Antoni, magari sdoppiando pure qualche ministero?", spiegano nel quartier generale centrista. O se, come si torna a sentire in queste ore, la questione si risolvesse licenziando i ministri tecnici per far posto a qualche politico in più? Ieri a Montecitorio circolava una lettera-appello al premier, sottoscritta da sessanta deputati forzisti che lamentano le disfunzioni della Sanità: di fatto un atto d'accusa contro Sirchia. Ma la testa dei tecnici poteva bastare prima, adesso An e Udc vogliono di più.
"Un nuovo governo, sempre a guida Berlusconi, ma nuovo sul serio", riassume chiaro e tondo Tabacci.
Proprio per evitare la pericolosa concomitanza fra revisione della Gasparri e verifica di gennaio, ieri c'era nelle file di Forza Italia chi giurava sull'intenzione del Cavaliere di realizzare un vero e proprio blitz, ora, subito, perfino prima di Capodanno. Un rimpasto minimo per poter poi affrontare la riforma tv a mani libere. Voci, solo voci. Indicative però di una reale voglia di "fargliela vedere" che anima i berlusconiani doc, leader in testa.
Martedì sera il premier ha riunito i fedelissimi in via del Plebiscito per parlare del rilancio del partito. Rilancio, ha spiegato, che passa attraverso un risultato "memorabile" alle prossime elezioni ("voglio Fi al 30%"). Amministrative ed europee saranno accorpate con una leggina ad hoc, quasi certamente il 13 giugno (o comunque nello stesso weekend, sabato 12 e domenica 13). La vera novità, però, Berlusconi l'ha sfoderata subito dopo. Quando offrendo ai suoi ospiti un piatto di orecchiette, ha annunciato: "Adesso bisogna pensare a cancellare la par condicio, è una questione vitale".
"Guardate gli Usa", spiega il Cavaliere, "lì non ci sono tutti questi divieti, lacci, lacciuoli... E vi pare giusto che io mi debba trovare al Costanzo Show o da Vespa come un qualsiasi altro leaderino di serie c? Non sta né in cielo né in terra questo obbligo di dare spazi uguali a tutti i partiti, a prescindere dai voti che prendono". Ma il vero colpo di teatro arriva subito dopo, quando Berlusconi chiede al senatore Malan, uno dei responsabili-comunicazione del partito, di illustrare ai presenti un progetto di legge già predisposto su suo preciso mandato. Quattro pagine dattiloscritte, sedici articoli: la par condicio viene di fatto abrogata, restano gli spazi gratuiti in tv per i partiti ma in proporzione alla consistenza elettorale. Soprattutto, si ripristina la libertà di spot elettorali a pagamento fino al giorno prima delle elezioni. Una rivoluzione, insomma.
Berlusconi approva il lavoro di Malan, chiede qua e là qualche precisazione. "Ci rivediamo la prossima settimana col testo definitivo", conclude, "poi ne parlo subito con gli alleati, non c'è tempo da perdere, è una priorità assoluta". E' determinato, il Cavaliere. Anche le prevedibili proteste dell'opposizione, sa già come liquidarle: "Non mi vengano a dire niente", tuona, "la proporzionalità per la presenza in video c'era anche nel testo predisposto dal governo D'Alema".

 
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