Home Page - Contatti - La libreriaLink - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori

- Pagina guerra

La rivolta dei generali alla vigilia del voto USA
Tratto da Movisol http://www.movisol.org/znews206.htm

di Jeff Steinberg (EIR del 3 novembre 2006)
Sono almeno 219 i militari in servizio che hanno sottoscritto un appello al Congresso in cui si chiede il ritiro delle truppe USA dall'Iraq, secondo un volontario del sito www.appealforredress.org, che raccoglie adesioni. L'appello sarà consegnato al Congresso il 18 gennaio 2007, il Martin Luther King Day.
L’iniziativa da parte dei militari in servizio non ha precedenti ma c’è una legge americana che garantisce ai militari il diritto legale di fare appelli o denunce al Congresso. L’appello va considerato insieme alla richiesta di allontanamento di Rumsfeld dal Pentagono, avanzata da un numero crescente di ex alti ufficiali che ritengono questo l’unico modo per porre fine alla bancarotta dell’operazione militare in Iraq. Questi stessi ambienti militari più razionali ora si stanno rivolgendo anche agli elettori chiedendo loro di bocciare la maggioranza repubblicana alle prossime elezioni del 7 novembre in cui avviene il rinnovo parziale del Senato e della Camera dei Rappresentanti.

Evitare un’altra guerra ancor più disastrosa
Il principale settimanale della sinistra americana The Nation ha pubblicato nel numero del 16 ottobre un articolo intitolato “Rivolta dei Generali — gli ufficiali contro una guerra fallita”. L’autore dell’articolo, annunciato in copertina, è Richard J. Whalen, affermato esperto di strategia del partito repubblicano. “La rivolta ribolle tra i generali in congedo ... Questa ribellione — silenziosa, senza polemica aperta, ma comunque notevole — non si verifica perché le rispettive forze debbono sostenere l’urto dei combattimenti di terra in Iraq, ma perché l’avventura USA in Mesopotamia è da essi considerata un altro Vietnam, una guerra fallita strategicamente, ed essi ne attribuiscono la colpa alla dirigenza avventurista e incompetente del Pentagono” afferma Whalen.

Il fatto che il principale settimanale della sinistra si offre come tribuna per un noto conservatore schierato per decenni nelle prime file repubblicane evidentemente riflette la crescente preoccupazione bipartitica che l’amministrazione Bush-Cheney possa passare ad aggredire l’Iran, anche con armi nucleari, provocando così uno “scontro di civiltà” senza fine.
A conclusione del lungo articolo su The Nation, Whalen nota che “La rivolta dei generali in congedo potrebbe essere ispirata dalla preoccupazione per un allargomento del conflitto mediorientale fino a colpire l’Iran e il suo potenziale nucleare”. Whalen cita anche il colonnello dell’Air Force in congedo Karen Kwiatkowski: “Lei ritiene che i generali possano cercare di sbarazzarsi di Rumsfeld subito per evitare un conflitto con l’Iran. L’amministrazione Bush ha piani di contingenza per bombardare i siti nucleari dell’Iran che non hanno l’approvazione dell’ONU. Qualche ufficiale sfaccendato della Marina o dell’Air Force fa pressioni per colpire l’Iran, ma le forze di combattimento di terra già sotto stress per i dispiegamenti eccessivi sono decisamente contrari ritenendola la peggiore delle guerre possibili”.

Altri ufficiali in congedo hanno espresso la stessa preoccupazione che se lasciata fuori dal controllo, la Casa Bianca di Bush e Cheney finirà presto per aggredire l’Iran e fors’anche la Corea. In un recente articolo sulla rivista New Yorker, il noto giornalista Seymour Hersh ha riferito come diversi ufficiali in congedo da lui consultati valutano la recente invasione del Libano da parte di Israele come “un preludio ad un possibile attacco preventivo americano per distruggere le istallazioni nucleari dell’Iran”. L’ex vice segretario di Stato Richard Armitage, ex ufficiale di marina, ha detto ad Hersh: “Se la principale forza della regione — le Forze di Difesa Israeliane — non riesce a pacificare un paese come il Libano, che conta una popolazione di quattro milioni, occorre pensarci bene prima di riproporre lo stesso dispiegamento in Iran, che dispone di una profondità strategica e di una popolazione di settanta milioni ... L’unica cosa che i bombardamenti sono riusciti ad ottenere è unire la popolazione libanese contro gli israeliani”.
Nonostante le lezioni del Libano, Hersh e le sue fonti militari concordano tutti sul fatto che un attacco aereo preventivo americano sia ormai sicuro, ferma restando l’attuale traiettoria politica della Casa Bianca, prima del gennaio 2009, quando subentrerà una nuova presidenza.

Votare contro il partito della guerra
Riflettendo questa stessa idea diversi ex ufficiali che hanno avuto recenti esperienze di combattimento in Iraq, hanno lanciato un appello agli elettori americani affinché il 7 novembre eleggano una maggioranza democratica al Congresso. I generali John Batiste e Paul Eaton hanno rilasciato interviste alla rivista online Salon in cui auspicano una vittoria democratica. “La cosa migliore che adesso può accadere è che in una o tutt’e due le camere prevalgano i democratici in modo da poter stabilire un qualche controllo”, ha detto il gen. Batiste.
“La via d’uscita che mi pare possibile sta nel conferire la maggioranza ai democratici alla Camera e al Senato in modo che si possa fare un’inversione di rotta”, ha detto in gen. Eaton, riferendosi al disastro della guerra irachena. Citando diversi colleghi, in servizio ed in congedo, il gen. 

Eaton ha detto a Salon: “La maggior parte di noi vede altri due anni di tutto questo se i repubblicani restano al potere”. Come il collega Batiste, anche Eaton è stato sempre repubblicano, ed a questo proposito ha spiegato: “Non ci saresti riuscito a farmi votare per Kerry o Gore neanche con la turtura, ma adesso non sono davvero entusiasta per ciò che ho votato”. Un alto ufficiale ancora in servizio, quindi protetto dall’anonimato, recentemente rientrato dall’Iraq, ha detto a Salon: “Posso riferirvi, dalla discussioni a cui ho partecipato nei miei ambienti, che l’unico modo di consentire o arrivare a dei cambiamenti è cambiare leadership”.
La rivolta serpeggia anche nel mondo dell’intelligence. Ad esempio un professionista del settore in contatto con l’EIR ha carattrizzato la situazione in Iraq come: “cento volte peggio del quadro presentato dai mezzi d’informazione americani e dall’Amministrazione”.

Il col. W. Patrick Lang, ex Ufficiale dell’Intelligence della difesa per il Vicino Oriente e l’Asia meridionale, molto conosciuto attraverso il suo sito web «Sic Semper Tyrannis 2006» ha recentemente bollato come sciocchezze le presunte voci sulle “correzioni di rotta” diffuse ad arte a Washington come espediente pre-elettorale. Secondo il col. Lang il Congresso ha qualche possibilità di mettere sotto controllo il partito della guerra alla Casa Bianca. Esso può ritirare il permesso concesso al presidente di fare la guerra nell’ottobre 2002 e può tagliare i fondi per continuare la disavventura irachena.

 
www.disinformazione.it