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- Pagina guerra in Iraq

Niente torture … siamo inglesi!
Stefano Vernole

Colti con le mani nella marmellata, stavolta gli statunitensi hanno subito ammesso le loro nefandezze in Iraq, pur cercando di ridimensionarle e sottolineando come in una “democrazia” in fondo i colpevoli siano puniti …
Solo dopo una settimana, invece, le prime ammissioni cominciano ad arrivare anche da parte britannica, malgrado un ex ufficiale inglese avesse messo in dubbio la veridicità delle foto e addirittura lo stesso carnefice del massacro di Derry – il generale Jackson – cercasse di difendere la “professionalità” delle truppe di Sua Maestà.
Le stesse foto pubblicate dal “Daily Mirror” e scoperte poi come false, testimoniavano solo in minima parte delle trentaquattro (34) inchieste aperte dalla polizia militare britannica sulle violenze e gli abusi commessi dalle truppe inglesi in Iraq.
Amnesty International, infatti, ha denunciato come da circa un anno il governo di Tony Blair – l’ex bombardatore della Serbia – fosse al corrente delle pratiche di torture e sevizie compiute dai soldati britannici nelle carceri irachene.
L’esperienza di queste pratiche coloniali – d’altronde – agli inglesi non manca di certo, visto il  recente passato imperiale e l’allenamento che hanno coltivato nell’ultima colonia dell’Europa contemporanea: l’Irlanda del Nord(1).
Proprio in questi giorni ricorre l’anniversario del martirio di Bobby Sands – une delle pagine più vergognose nella storia della Gran Bretagna dopo il 1945 – sottolineata dal tentativo dell’ambasciata britannica a Teheran di convincere il governo iraniano a rimuovere la targa della strada a lui dedicata.

Per chi avesse la memoria corta e credesse che determinate pratiche rappresentino per gli inglesi un’eccezione – tanti “liberal” italiani considerano infatti la Gran Bretagna un pò come la culla della democrazia – sarà ora il caso di ricordare alcune testimonianze e denunce perpetrate nei confronti degli aguzzini di Sua Maestà britannica in Irlanda del Nord.
I militanti repubblicani così descrivono le torture e i maltrattamenti da loro subiti:
“Si trattava sostanzialmente di cinque tecniche: incappucciamento, search position, continua esposizione ad un forte rumore meccanico, niente cibo né sonno, brutalità fisiche” … Durante i miei sette giorni da desaparacido non mi sfilarono mai il mio cappuccio dalla testa, fui picchiato decine di volte, non ricordo di aver dormito. Naturalmente oltre alle Special techniques vi erano anche i classici interrogatori di terzo grado durante i quali il pestaggio era praticamente ininterrotto”(2).
Ma le torture non vengono subite solo da quelli che l’ex magistrato - oggi parlamentare DS  Luciano Violante - ancora pochi mesi fa ha definito in una trasmissione televisiva “i terroristi cattolici”, ma anche dai leader del movimento per i diritti civili, così cari ai “progressisti” nostrani.
Ecco la descrizione dell’arresto della figlia dell’avvocato Bernadette Mc Aliskey Devlin, avvocato addirittura poi eletto a Westminster: “Roisin – al quinto mese di gravidanza – viene trascinata nel centro d’interrogatorio di Castlereagh, rimasto ancora aperto nonostante le Nazioni Unite abbiano ripetutamente ordinato al governo inglese di chiuderlo, dove la sistematica applicazione della tortura è ancora una pratica quotidiana, e da dove è partita – verso la fine del 1996 – una strategia mirante a colpire le donne, le mogli, le compagne di sospetti repubblicani … La polizia l’ha interrogata per 15/18 ore al giorno, minacciandola e coprendola d’insulti d’ogni genere. Ma lei non ha detto nulla. E c’è una poliziotta che continua a ripeterle quanto sarebbe facile provocarle un’interruzione di gravidanza così come è successo ad altre donne prima di Roisin a Castlereagh, e continua a farle vedere il punto esatto su cui la colpirà sulla pancia, dove non rimane livido e in modo tale che il feto sopravviva ma nasca deforme …”.
Oppure quella di una repubblicana di north Belfast: “… all’epoca ero in cinta di otto mesi. Questo non impedì ai brits di colpirmi ripetutamente sulla pancia con il calcio dei fucili, tentare di stuprarmi, prendermi a pugni sul volto e di cominciare a pestarmi appena arrivati a Castlereagh … Dopo avere preso impronte e generalità ti portano in una stanza con un tavolino e una sedia, strani utensili e macchie di sangue ovunque; sei fortunata se t’incappucciano subito. Ogni sessione d’interrogatorio può durare dalle due alle sei ore e viene condotta da due o tre agenti assecondati da una decina di secondini …”.
Qualcuno riconosce forse in queste testimonianze quello che sta accadendo oggi in Iraq?

Qualcuno ha ancora il coraggio di parlare di superiorità morale degli anglo-americani nei confronti del resto del mondo? Di esportazione della “democrazia” e della “civiltà”?
Eppure che questa fosse la prassi i nostri fini “intellettuali” dovrebbero saperlo, se il governo irlandese nel 1975 trascinò Londra davanti al Tribunale per i Diritti Umani di Strasburgo; tuttavia il governo inglese non fu riconosciuto colpevole di tortura ma di “trattamento degradante e disumano” … 
Eppure lo stesso Tribunale il 18 novembre 1998 (non 50 anni fa …) ha ordinato a Londra la chiusura dei centri di tortura di Castlereagh e Belfast, ma il “campione dei progressisti italiani” Tony Blair ha ignorato la sentenza, imitando perciò il comportamento tenuto dal conservatore John Mayor dopo la condanna del 1995.
E tralasciamo per ora – visto il processo in corso - il coinvolgimento dei servizi britannici nelle autobombe scoppiate nelle città irlandesi di Dublino e Monaghan con decine di vittime, segno che evidentemente i metodi terroristici piacciono pure a Downing Street …
Malgrado tutto ancora oggi c’è chi parla di eccezioni, chi di circostanze dovute alla guerra …
Costoro farebbero bene a studiare la storia inglese e statunitense, forse comincerebbero a capire che questi comportamenti sono in realtà il frutto di qualcosa d’altro … anche perché i popoli a volte possono pure sopportare e perdonare le menzogne ma non l’ipocrisia di questi farisei del XXI secolo!

                                                  Stefano Vernole

Note

(1)    Grazie allo Special Power Act del 1921 l’Internamento era già stato introdotto da Londra negli anni ’20, ’30 e ’50 e sarebbe rimasto in vigore sino all’estate del ’75. Il colonialismo britannico si era già servito negli anni ’50 di questa misura d’emergenza in alcuni dei territori conquistati, come Kenya, Cipro o Malesia. Come in Kenya migliaia d’insorti furono torturati dalle “security forces”, gli appositi centri d’interrogatorio e i campi di concentramento inventati dai generali inglesi per detenere i guerriglieri Boeri nel 1899-1901 in Sud Africa, sarebbero stati esportati in Irlanda nel tentativo di circoscrivere l’insurrezione.

(2)  Testimonianze e note riportate in quest’articolo sono tratte da: Silvio Cerulli, “Irlanda del Nord: una lunga strada tra pace e guerra”, Massari, 2000.

 
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