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- Pagina 11 settembre

Reso noto il documento della Cia:
Bush sapeva del rischio attentati con aerei

di Roberto Rezzo

Non era l'invito ufficiale di Osama Bin Laden per assistere alle stragi, ma George W. Bush non può più raccontare di non essere stato avvertito sulle intenzioni di Al Qaeda. Oltre un mese prima del'11 settembre un rapporto riservato dei servizi segreti metteva in guardia il presidente: i terroristi si preparano a colpire gli Stati Uniti e intendono dirottare aerei passeggeri. Mancavano solo il luogo esatto, la data e l'ora.
L'avvertimento compare nel Presidential Daily Briefing (Pdb), il rapporto giornaliero dell'intelligence, che Bush ricevette il 6 agosto 2001 mentre trascorreva le vacanze nel suo ranch privato a Crawford in Texas. Il documento è stato reso pubblico sabato sera, dopo essere stato declassificato a sorpresa in anticipo rispetto a quanto detto dalla casa Bianca. Il documento intitolato «Bin Laden determinato ad attaccare gli Stati Uniti» era stato al centro della controversa testimonianza di Condoleezza Rice, consigliere del presidente per la sicurezza nazionale, di fronte alla speciale commissione d'inchiesta sugli attentati dell'11 settembre. La Casa Bianca aveva annunciato, di fronte alle richieste del Congresso, che il documento sarebbe stato declassificato la prossima settimana. Ma le indiscrezioni che circolavano sui contenuti del memorandum devono aver convinto la presidenza di accelerare i tempi.
Il titolo pareva di per sé illuminante ma Rice e tutta l'amministrazione hanno continuato a sostenere che si trattava solo di informazioni generiche, da leggersi più «sotto il profilo storico» che come avvertimento. A questo punto si sono moltiplicate le pressioni dei commissari perché il rapporto sia reso di dominio pubblico. La Casa Bianca prima ha fatto resistenza, poi ha nicchiato, alla fine ha promesso di pubblicarlo la settimana entrante, ma comunque solo in parte.

Il contenuto non appare affatto vago come la consigliera del presidente ha sostenuto in commissione, in particolare c'è un riferimento specifico al dirottamento di aerei passeggeri e al fatto che al Qaida voleva colpire gli Stati Uniti proprio quell'anno. Le rivelazioni non sono da poco. Certamente rappresentano un brutto colpo per la credibilità dell'amministrazione Bush, ma per Rice, che secondo i sondaggi ha convinto il 43% dell'opinione pubblica americana, potrebbero diventare il capo d'accusa per un procedimento penale. La consigliera ha deposto sotto giuramento e, se salterà fuori che ha mentito, rischia di essere incriminata per falsa testimonianza.
In ogni caso dalla bocca di chi ha l'incarico di occuparsi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti sono usciti troppi «non sapevo», «non ricordo», «non era prevedibile» perché l'amministrazione Bush possa sperare di uscire senza danno da questa faccenda. Basta una consultazione degli archivi per scoprire che già un anno fa, ben prima dell'inizio dei lavori della commisione, il Washington Post citava un rapporto preparato dall'Fbi nel luglio del 2001 a proposito di terroristi islamici iscritti a scuole di volo. E addirittura nel 1999 un documento del National Intelligence Council, una divisione della Cia, parlava esplicitamente della possibilità che Bin Laden dirottasse aerei passeggeri per schiantarli contro obiettivi negli Stati Uniti. Dalla lettura del testo è impossibile accusare i servizi d'esser stati troppo generici e confusi: «Kamikaze del battaglione martiri di Al Qaeda potrebbero schiantare un aereo carico di esplosivi ad alto potenziale (ad esempio C4 o Semtex) contro il Pentagono, il quartier generale della Cia o la Casa Bianca». Neanche la zingara con la palla di cristallo.

Ultimo punto in questione resta il ruolo dell'Fbi. Rice - che già aveva tentato di scaricare sulla Cia la colpa delle prove fasulle sulle armi di sterminio di Saddam Hussein - ora ci prova con la polizia federale. La consigliera ha sostenuto in commissione che il governo aveva impartito, a tutti gli agenti e su scala nazionale, disposizioni per individuare le cellule dormienti di terroristi. Nessun dirigente, funzionario o semplice membro dell'agenzia, fra quelli interpellati dal New York Times, è in grado di ricordare un ordine del genere.
Il segretario alla Giustizia, John Aschroft, che questa settimana dovrà comparire davanti alla commissione, temendo di essere tirato in ballo ha preferito partire all'attacco, affidando al suo portavoce la seguente dichiarazione: «Purtroppo le udienze pubbliche della commissione stanno diventando la passerella per chi impugna una scure politica con il solo intento di distruggere il presidente». Vergogna

 
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