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Parla il generale Kalugin, ex ufficiale del Kgb ora negli Stati Uniti: «Da Putin solo ipocrisia»

«Non credo alla pista Al Qaeda è il solito alibi del Cremino»
di Carlo Bonini - «La Repubblica» 5 settembre 2004

Scambio di favori con Bush: neutralità sull'Iraq per avere mano libera a Grozny
«Non credo ad una sola parola di Putin...». La voce del generale Oleg Danilovic Kalugin è affilata dalla commozione e dalla rabbia. Perché Oleg Kalugin conosce Vladimir Putin. Perché entrambi sono cresciuti nella stessa famiglia: il Kgb. «Su Beslan, il presidente russo sta mentendo, come del resto ha sempre mentito sulla guerra in Cecenia...».
Kalugin ha servito l'Unione Sovietica per 32 anni nel primo direttorato del Kgb, il controspionaggio estero. È entrato per l'ultima volta alla Lubjanka il 26 febbraio 1990, quando venne invitato a dimettersi e quindi privato del grado e della pensione. Eletto nell'ultimo Parlamento del Popolo dell'Urss, fu riabilitato da Gorbaciov. Dal 1994, vive negli Stati Uniti, dove lavora.

Perché ce l'ha con Putin, generale?
«Perché non è vero che avesse escluso il ricorso alla forza. Perché non è vero che fosse disponibile al negoziato. Quando ho visto le prime immagini della scuola, ho capito subito che sarebbe finita così. Putin non solo non ha mai trattato con i terroristi, ma si rifiuta persino di trattare con Mashkadov. Mi spiega allora come era possibile immaginare un esito diverso? Dire oggi o far sapere oggi che Putin è adirato per il lavoro delle unità speciali è pura ipocrisia».

Quindi non crede ad un blitz scatenato dal precipitare degli eventi.
«No. Ammesso infatti che sia vera la circostanza secondo cui sarebbero stati i terroristi ceceni ad aprire il fuoco per primi, è evidente che se gli Spetsnatz avessero avuto l'ordine di controllare l'assedio non avrebbero risposto al fuoco. Dico di più. Ritengo che le unità Alfa abbiano tentato di agevolare una fuga di massa degli ostaggi minando parte del perimetro della scuola e provocando il collasso del tetto di uno dei suoi edifici. È una delle loro routine operative. Evidentemente erano pronti a farlo e, altrettanto evidentemente, avevano ricevuto l'ordine di farlo».

Secondo fonti della sicurezza russa, la presenza nel commando di una decina di uomini genericamente indicati come "arabi" accrediterebbe un qualche legame tra i fatti dell'Ossezia e una presunta strategia comune tra indipendentisti ceceni e militanti di Al Qaeda. Le sembra verosimile?
«A me suona come una balla. Francamente ridicola a dirsi e impossibile da sostenere. Chi sono questi dieci arabi? Ne hanno fatto i nomi? Ne hanno mostrato i passaporti? Credo di parlare con una qualche cognizione di causa se dico che in tutta la storia della guerra di indipendenza cecena non c'è mai stata una sola evidenza di legami diretti e di strategie comuni con Al Qaeda. Dirò di più: è falso anche che battaglioni ceceni abbiano combattuto in Afghanistan per sostenere il regime taliban. La verità è che i militanti indipendentisti ceceni e quelli di Al Qaeda hanno una sola cosa in comune. Sono musulmani. E come fratelli musulmani solidarizzano. Un po' poco per farne un fronte combattente unico, e per giunta con un'unica strategia».

L'esistenza di un nesso tra terrorismo ceceno e Al Qaeda non è però un'esclusiva russa. Più di un servizio segreto occidentale, negli ultimi tempi, ne ha accreditato l'esistenza.
«Ho letto anche io le frottole che sono girate su presunti battaglioni di combattenti ceceni arrivati in Iraq. Ho ascoltato anche io notizie di presunti arabi arrivati in Cecenia per combattere i russi. Io dico che è disinformazione. È il prezzo che Putin ha chiesto agli Stati Uniti per rimanere neutrale nel conflitto iracheno. Via libera all'invasione americana in cambio di un assoluto disinteresse della comunità internazionale e di Washington per i metodi della repressione russa in Cecenia, spacciata per Guerra al Terrore. Per il Cremlino, Al Qaeda è un alibi buono per coprire una guerra, quella contro i ceceni, che ha indubbiamente anche le forme del terrorismo, ma che ha ben altre radici. Non è un caso che Putin sia salito sul carro della Guerra al Terrore subito dopo l'11 settembre con una sola idea in testa. Iscrivere la guerra cecena tra i capitoli della guerra al radicalismo islamico. È una mossa abusiva, ma nessuno ha avuto ancora il coraggio di denunciarla come tale. È troppo chiedere che di fronte al massacro di Beslan il mondo apra finalmente gli occhi?».


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