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Crimini contro l’umanità? No, please!
Marcello Pamio  - 26 maggio 2004  

Finalmente il grande capo Bush ha esposto al mondo intero l’attesissimo piano della Casa Bianca per uscire dal «pantano» iracheno. Gli USA chiedono, attraverso una risoluzione ONU, un bel paio di «stivali» di protezione dal «fango» e il sostegno militare da parte di tutti!
Comportamento assolutamente ipocrita: per fare la guerra all’Iraq hanno scavalcato totalmente l’Organizzazione delle Nazioni Unite, considerandola «obsoleta» e «irrilevante», e creando forti divisioni e rotture in Europa, ora invece ne chiedono l’avvallo.
Ma cosa, per la precisione, gli Stati Uniti d’America chiedono?
Innanzitutto i militari statunitensi, che in Iraq sono oltre 130.000, dovranno rimanere ben oltre il 30 giugno. Come avevo già avuto modo di precisare in altri articoli, la scadenza di fine giugno non garantisce alcunché, non indica nessun passaggio democratico al governo iracheno.
Chiedono poi l’intervento diretto di altri paesi sotto forma di personale militare, specificando però, che l’esercito Imperiale, non sarà mai assoggettato da nessun comando straniero, anche della stessa ONU. Quindi soldati sì, ma non ordini!
L’ultima richiesta, ma non per importanza, fa capire la pericolosa arroganza dell’amministrazione attuale: in pratica le truppe della coalizione NON potranno essere «processate», da nessun tribunale iracheno e/o internazionale, per «crimini di guerra» o «crimini contro l’umanità». Richiedono, anzi pretendono, la totale e assoluta immunità!

Come mai una simile richiesta? Hanno forse paura per qualcosa che hanno commesso o che magari commetteranno in futuro?
Questa ahimé non è una novità: forse non tutti ricorderanno ma gli USA anche in passato hanno sempre manifestato un fortissima repulsione, se non un vero e proprio odio, verso ogni forma di giustizia internazionale nei confronti dei loro militari. Nel luglio 2002, infatti, non appena entrò in funzione lo Statuto della Corte Penale internazionale, gli USA si opposero aspramente e riuscirono, grazie a ricatti politici e al peso che il loro voto ha nel Consiglio di Sicurezza europeo, a bloccare per un anno qualunque procedimento giudiziario per «crimini» alle forze armate durante le operazioni di «peace-keeping». Nel 2003 il Consiglio rinnovò tale immunità e oggi richiedono una terza deroga con maggior vigore per via anche dell’immunità che godono in base all’«Ordine 17».
L’Ordine 17, firmato il 27 giugno 2003 da Paul Bremer (quindi da loro stessi), stabilisce che «tutti i membri del personale della coalizione sono soggetti alla esclusiva giurisdizione dei rispettivi Stati di appartenenza e sono quindi immuni dalla locale giurisdizione criminale, civile e amministrativa e da qualsiasi forma di arresto o detenzione…» (Sezione 2, comma 4). Lo stesso vale anche per i «contrattisti» (Sezione 3, comma  1 e 2); cioè se un «militare privato», detto comunemente «mercenario», pagato per difendere gli interessi delle multinazionali del petrolio e delle compagnie affini, non può essere giudicato se commette crimini di guerra! Quindi gli Stati Uniti, attraverso il «burattino» rappresentato dal governatore Bremer, si sono già assicurati la totale immunità non solo dei militari ufficiali ma anche di quelli privati!

A questo punto cosa farà l’«obsoleta» Unione Europea, soprattutto dopo lo scandalo delle immagini sulle torture nel carcere di Abu Ghraib? Darà il ben servito al Diritto internazionale, riconoscendo la protezione incondizionata delle truppe statunitensi, oppure si contrapporrà allo stato militarmente più potente del mondo? Farà sentire la propria voce o soccomberà, come ha sempre fatto in passato, piegandosi allo strapotere imperiale?
A proposito di immagini, sapete cos’ha proposto il genio incarnato nel ministro della Difesa USA, Donald Rumsfeld, per risolvere l’annosa questione torture? Ha vietato i videofonini al personale in Iraq![1] Ebbene sì, invece di rimuovere l’intera catena di comando, partendo dagli aguzzini e dai fotografi per arrivare in cima alla piramide, cioè a lui stesso, ha proibito alle truppe statunitensi il cellulare in grado di scattare foto «ricordo», impedendo così che nuove immagini di abusi e violenze vengano distribuite ai media.
Attenzione, perché poteva andare peggio: per risolvere l’annosa faccenda sevizie, Rumsfeld era in grado di ordinare ai suoi fedeli la sparizione totale delle prove schiaccianti: gli iracheni stessi!
Ma Bush junior dov’era quando il neoconservatore guerrafondaio a capo del Pentagono faceva simili dichiarazioni? E dov’era quando Ariel Sharon ha dato inizio all’operazione «Arcobaleno» in Palestina?
Mai il nome di una missione è stato così fuorviante. Si tratta di una operazione militare israeliana, iniziata da circa sette giorni, avente lo scopo di scovare e distruggere gallerie sotterranee usate per contrabbandare armi da guerra. Risultato: 100 case rase al suolo e oltre 1500 palestinesi senza un tetto sulla testa!
Tutte queste persone private con la violenza, dai carri armati e dagli elicotteri Apache, della propria casa e della dignità di esseri umani, cosa faranno adesso? Entreranno a far parte di qualche organizzazione umanitaria o imboccheranno una strada pregna di rabbia e violenza?
Millecinquecento persone - solamente nell’ultima settimana – private strategicamente della casa, delle radici, sono millecinquecento «bombe» (in senso figurato) ad orologeria che vagano. Non ci vuole una intelligenza sopraffina per capirlo! E’ legittimo allora - visto che nessuno al comando è stupido - sospettare che uno stato di continua tensione e terrore per qualcuno è forse funzionale…

Per fortuna che la politica interna dell’attuale premier non è condivisa da tutti gli israeliani, ma anzi, il numero delle persone che non accettano una simile strategia è continua crescita…e questo è un segnale molto incoraggiante! Secondo il Ministro della Giustizia israeliano, Yosef Lapid, infatti «la demolizione delle case deve finire. Non è umana. Non è ebraica e ci provoca un grave danno nel mondo».
Questa dichiarazione è molto significativa perché mette in luce una spaccatura interna allo stesso governo, cosa impensabile fino a qualche mese fa, tra chi ha interesse nel mantenere alta la tensione sociale e chi invece vuole risolvere una volta per tutte l’estenuante diatriba tra palestinesi e israeliani!


[1] Rivelazione pubblicata dal giornale inglese «The Business»

 
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