Home Page - Contatti - La libreriaLink - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori

- Pagina guerra & terrorismo

Le strategie e le sceneggiate per invadere l’Iran
Di Antonella Randazzo per www.disinformazione.it – 2 aprile 2007
Autrice del libro “DITTATURE: LA STORIA OCCULTA”

Il popolo iraniano, come quello iracheno, è assai orgoglioso del suo antico e illustre retaggio culturale, e si è sempre dimostrato insofferente verso il dominio anglo-americano, che per molto tempo è stato imposto tramite governi accondiscendenti, guerre e crimini. Le attenzioni dell'Occidente sull'Iran iniziarono quando, nel 1908, furono scoperti importanti giacimenti petroliferi.
La dinastia dei Pahlavi, imposta nel 1925, rimase sempre severamente controllata e manovrata dagli anglo-americani. Nel 1941, il paese venne brutalmente occupato dalle truppe inglesi, che non tollerarono la mancata espulsione dei cittadini italiani e tedeschi dall'Iran. Lo scià fu costretto ad abdicare a favore del figlio Mohammad Reza, più disposto a sottomettersi. Quello stesso anno, si formò il Tudeh (Partito delle Masse dell'Iran), che sosteneva idee comuniste, e divenne in breve tempo il partito politico più importante dell'Iran. Il comunismo faceva già parte della cultura iraniana da quando, alla fine dell'Ottocento, era stato introdotto negli ambienti culturali. Il primo partito comunista iraniano si formò nel 1920.

La Gran Bretagna sfruttava il petrolio iraniano attraverso la Anglo-Persian Company, che realizzava alti profitti, mentre lo Stato riceveva poche briciole. La situazione del popolo iraniano era terribile: l'80% della popolazione era denutrito, la vita media era di 40 anni, e la mortalità infantile toccava il 51%. 
Negli anni Cinquanta, i servizi segreti americani, preoccupati per l'ascesa del partito comunista iraniano, progettarono un piano per rafforzare il potere dello scià e per subentrare agli inglesi nello sfruttamento dei pozzi petroliferi. Nel 1953, si aprì una crisi fra lo scià e il primo ministro Mohammad Mossadeq, che aveva nazionalizzato i pozzi petroliferi, in accordo con ciò che l'intera popolazione iraniana aveva espresso attraverso il partito Tudeh. La Cia attuò un colpo di Stato contro il ministro Mossadeq, che era stato regolarmente eletto, mentre lo scià ricevette 45 milioni di dollari per rafforzare il proprio potere repressivo. L'avviata nazionalizzazione dei pozzi permise agli Stati Uniti di stipulare nuovi contratti petroliferi assai favorevoli ai loro interessi.

Mohammad Reza Pahlavi assunse poteri dittatoriali e mise fuorilegge quasi tutti i partiti, compreso il Fronte Nazionale di Mossadeq e il Tudeh, che dovettero organizzare la propria attività clandestinamente. Negli anni Cinquanta, molti esponenti del Tudeh vennero arrestati o uccisi. Ciò nonostante, esso rimase uno dei movimento popolari più forti, ricoprendo un ruolo molto importante nell'indurre il popolo ad attuare la Rivoluzione del 1978.
I regimi iraniani sostenuti da Washington erano autoritari e costringevano la maggior parte della popolazione a vivere in miseria. I ceti medi non avevano alcun potere politico, e molti esponenti simpatizzavano per le idee social-comuniste.  

Dal 1977, l 'opposizione social-comunista diventò sempre più forte, acquisendo molti consensi nelle classi popolari. A nulla era servita una legge approvata nel 1975 dallo scià, che metteva fuorilegge tutti i partiti, tranne Rinascita Nazionale Iraniana (partito dello scià). Nel 1976 si era formata l’Unione dei Comunisti dell’Iran, che riuscì a diffondere il comunismo fra la popolazione. Lo scià, in vista della scadenza dei contratti petroliferi, voleva attuare importanti cambiamenti che garantissero maggiori proventi dalla vendita del petrolio. Per avversare le lotte popolari per la democrazia, e per non dover concedere contratti più equi, le autorità americane dettero campo libero ad una gerarchia religiosa che avrebbe di sicuro represso duramente ogni comunista o socialista.

Nel 1979, lo Scià Reza Pahlavi, abbandonato dagli anglo-americani, fu costretto a fuggire, mentre l'intero popolo iraniano festeggiava nelle piazze gridando: "dopo la fuga dello scià quella degli americani". Ritornò il capo religioso esiliato, l'Ayatollah Ruhollah Khomeini, accolto con favore dalla popolazione. 
Le autorità di Washington non sbagliarono, il nuovo regime, dopo un primo momento di simulazione di benevolenza e tolleranza, si scagliò ferocemente contro i social-comunisti, imprigionando, torturando e uccidendo. Migliaia di persone morirono, e molte altre riuscirono a fuggire.

Nel settembre del 1980, l 'Iran venne costretto ad entrare in guerra con l'Iraq. Il paese venne aggredito da Saddam Hussein, che era armato e addestrato dall'élite americana ed europea, che voleva indebolire entrambi i paesi. 
Nonostante le feroci persecuzioni contro i dissidenti, il governo degli Ayatollah ebbe anche aspetti positivi: favorì la modernizzazione del paese, fece una campagna di alfabetizzazione e migliorò le condizioni economiche di molte famiglie. Oggi la popolazione è alfabetizzata oltre l'80%, la scuola è obbligatoria dai 6 ai 14 anni e il tasso di mortalità infantile è sceso al 25 per mille.

L'Iran è un paese con un sistema elettorale che vanta una percentuale altissima di cittadini che vanno alle urne, impensabile nelle democrazie occidentali. Possiede il 10% delle riserve mondiali di petrolio, e il 15% delle riserve di gas. Ha 69 milioni di abitanti e il reddito procapite è di circa 7.000 dollari annui. L'Iran vanta università di ottimo livello, e i suoi ingegneri e programmatori sono richiesti in tutto il Medio Oriente. Il 17 giugno del 2005 è stato eletto Mahmoud Ahmadinejad, un personaggio descritto dalla propaganda occidentale come ultraconservatore, senza tener conto che le classificazioni e i significati occidentali spesso non coincidono con i significati della situazione politica iraniana. In Iran i capi di governo hanno un potere limitato perché alla base del sistema c'è la legge coranica. Gli schieramenti politici iraniani non possono essere spiegati in termini di "conservatore" e "progressista" alla stessa stregua del modello anglosassone, e il sistema islamico non è dittatoriale ma costituzionale, anche se la costituzione si basa su principi religiosi islamici.

La resistenza contro il regime degli Ayatollah non è mai scomparsa, anche se molti dissidenti sono stati costretti all'esilio. Negli anni Novanta venne approvata una legge che restringeva la libertà di stampa, e nel 1999 si ebbero numerose proteste degli studenti, che furono duramente represse. L'Iran è un paese giovane, il 70% della sua popolazione è costituita da giovani con meno di 30 anni, che oggi sono insofferenti alle restrizioni religiose imposte dal governo. Anche molte donne, che sono il 52% degli studenti universitari, non condividono l'ortodossia islamica imposta. Oggi molti iraniani vorrebbero liberarsi del regime tirannico, ma al tempo stesso temono il potere anglo-americano, che ridurrebbe il paese in condizioni semicoloniali. Di conseguenza, si stringono ad un governo che in realtà non li rappresenta, per essere difesi dalle minacce di Washington.

I tentativi di controllo dell'élite americana sull'Iran non sono mai cessati. Le autorità americane non hanno mai accettato di essere esclusi dallo sfruttamento delle risorse iraniane, e hanno appuntato diverse strategie per criminalizzare il paese e indebolirlo economicamente. Il 30 aprile 1995, il presidente americano Bill Clinton iniziò a parlare di divieto del programma nucleare iraniano, e impose un embargo commerciale contro l'Iran, accusandolo di attuare un programma nucleare bellico e di finanziare il terrorismo. L'amministrazione Bush ha definito l'Iran "Stato canaglia" e ha interrotto ogni rapporto diplomatico. 

La situazione è peggiorata dopo l'11 settembre, quando l'amministrazione americana, approfittando del clima di terrore e di paura seminato dagli attentati terroristici, indusse il Congresso ad approvare l'Authorization for Use of Military Force Resolution (14 settembre 2001), una risoluzione che consente di utilizzare la forza contro coloro che organizzano "attacchi terroristici" o i paesi ritenuti sostenitori del terrorismo. I paesi da colpire, dunque, vengono prima accusati di "terrorismo" o di nascondere bin Laden, come accadde all'Iraq e all'Afghanistan. Anche all'Iran sono state rivolte le stesse accuse. Alcuni canali televisivi e giornali americani, hanno cercato di incolparlo di essere un rifugio per i terroristi. Ad esempio, il giornalista David Martin, della Cbs, dichiarò che alcuni funzionari statunitensi "dicono di avere la prova che i bombardamenti in Arabia Saudita ed altri attacchi ancora in preparazione sono stati pianificati e diretti da agenti di primo livello di al Qaeda, che hanno trovato un rifugio sicuro in Iran".[1]

Il presidente americano Bush riprese il tema del divieto all'Iran delle ricerche e dell'arricchimento dell'uranio, dando per scontato che ci fossero motivazioni belliche. Nel 2003, il vicepresidente Dick Cheney disse che l'Iran era "proprio in cima alla lista... dato il fatto che l'Iran ha una politica stabilita per cui il loro obiettivo è la distruzione di Israele, gli Israeliani possono ben decidere di agire per primi, lasciando che sia poi il resto del mondo a preoccuparsi di rimettere in ordine il pasticcio diplomatico". Cheney ha anche detto che gli iraniani "stanno già seduti su un gran mucchio di petrolio e gas. Nessuno può immaginare perché abbiano bisogno anche del nucleare per produrre energia"[2], dimenticando che già negli anni Settanta l'allora amministrazione Ford propose allo scià di considerare lo sviluppo del nucleare per fini pacifici.

Gli Stati Uniti posseggono un arsenale nucleare di almeno 10.600 testate, che negli ultimi anni è stato rinnovato con testate di nuova generazione, assai più potenti, che rappresentano un potenziale distruttivo mai esistito nella Storia del pianeta. Pensare che un paese come l'Iran, che negli ultimi secoli ha soltanto subito aggressioni, voglia mettersi contro un mostro nucleare come gli Usa, è da sciocchi. Nel "club del nucleare" rientrano anche la Federazione russa (oltre 10.000 testate), la Gran Bretagna (200 testate), la Francia (350), Israele (200-400), il Pakistan (24-48), l'India (30-35) e la Cina (400). 
Numerose armi nucleari statunitensi si trovano in Europa, in base ad accordi segreti non sottoposti alla volontà dei Parlamenti. In Italia c'è l'accordo  "Stone Ax", che permette l'uso delle armi nucleari anche a soldati italiani autorizzati dalle autorità americane.

La situazione del nucleare iraniano presenta aspetti ambigui. La possibilità di dotarsi del nucleare è in segreto promossa e resa possibile dall'aiuto dei servizi segreti pakistani (Isi) che sono sotto il controllo della Cia. Il giornalista del Wall Street Journal Daniel Pearl, che stava indagando sull'Isi nel 2002, per verificare il coinvolgimento con al Qaeda, è stato ucciso. L'Isi è coinvolta nella maggior parte delle operazioni militari e dei servizi segreti che riguardano il Medio Oriente e l'Asia centrale, e ha contatti con autorità iraniane. 
Ritenere che l'Iran possa pensare di mettersi contro la maggior parte dei paesi che già posseggono armi nucleari è da pazzi, considerando che ci vorrebbero almeno dieci anni per la costruzione di un arsenale atomico, e i paesi nemici, già ampiamente forniti, avrebbero tutto il tempo per distruggerlo.

Tenere sotto pressione l'Iran e pretendere di condizionare le scelte del governo iraniano risulta essere una tattica per suscitare orgoglio e ostilità. Infatti, le autorità iraniane si trovano ad essere ancora più motivate a portare avanti il progetto nucleare, data la minaccia di guerra e l'ingerenza da parte del governo americano.
Lo scopo principale delle strategie di Washington è quello di poter occupare l'Iran, per appropriarsi di riserve petrolifere consistenti e per poterlo ricolonizzare.  Un altro motivo che induce le autorità Usa a perseguitare l'Iran, considerato importante da numerosi analisti, è la necessità di difendere il valore del dollaro. L'Iraq è stato colpito anche perché Saddam Hussein aveva iniziato a vendere petrolio accettando l'euro al posto del dollaro. Quando le autorità americane occuparono l'Iraq, immediatamente cambiarono i conti iracheni dall'euro in dollari e imposero a tutti di comprare il petrolio con i dollari.

Da alcuni anni, le autorità iraniane stanno progettando la creazione di una Borsa petrolifera iraniana, che utilizzerebbe l'euro anziché il dollaro, e questo rappresenta una vera minaccia per l'economia statunitense. Nella Borsa iraniana si potrà comprare o vendere petrolio e gas, come avviene nell'International Petroleum Exchange (Ipe) di Londra o nella Mercantile Exchange di New York (Nymex). Le due borse petrolifere attuali sono entrambe controllate dalle autorità americane, e la creazione di una terza borsa creerebbe competizione e ridimensionerebbe il potere che oggi ha Washington sul prezzo del petrolio. Il predominio americano verrebbe spezzato e il dollaro perderebbe l'egemonia. I paesi europei risparmierebbero sul prezzo del petrolio, e potrebbero rafforzarsi economicamente ed essere più indipendenti da Washington. Anche la Cina e la Russia avrebbero vantaggi e un maggiore sviluppo economico.

Se dovesse essere creato un commercio di petro-euro molti investitori ritirerebbero i loro investimenti dal mercato americano e opterebbero per gli investimenti in euro, e ciò farebbe crollare l'intero sistema basato sul dollaro. Il sistema monetario è una convenzione, e come tale si basa sul valore attribuito alla valuta, che deriva anche da assunti di tipo psicologico e sociologico. Negli ultimi anni il prestigio degli Usa si è abbassato notevolmente, e le autorità americane stanno quasi esclusivamente utilizzando la forza bellica per imporre il loro assetto. Ciò influisce sulla decisione delle nazioni di mantenere il sistema basato sul dollaro, e negli ultimi anni molte autorità vorrebbero cambiare tale sistema. La brutalità americana contro l'Iraq è servita come deterrente per tutti i paesi desiderosi di adottare altre valute, e le minacce all'Iran hanno lo stesso scopo.

L'utilizzo dell'euro è apprezzato dalla Russia poiché i suoi scambi commerciali avvengono soprattutto in Europa, e trova d'accordo anche la Cina e il Giappone, desiderosi di cambiare le loro copiose riserve di dollari in euro. Persino i regnanti sauditi, che devono fare i conti con l'avversione sempre crescente dei loro cittadini verso gli Usa, stanno valutando la convenienza dell'adozione dell'euro. Ciò imbestialisce le autorità americane, che diventano sempre più violente, peggiorando la loro considerazione agli occhi dei popoli e dei governi. Fino a quando le nazioni saranno costrette ad acquistare dollari (il 68% delle riserve mondiali è in dollari), l'economia americana potrà andare avanti, ma quando i dollari diventeranno carta straccia, gli Usa crolleranno. 
Secondo l'economista Krassimir Petrov, la borsa petrolifera iraniana rappresenta un gravissimo pericolo per Washington:

Da un punto di vista puramente economico se la borsa iraniana avrà successo verrà presto preferita dalle maggiori forze economiche mondiali accelerando l’abbandono del dollaro. La caduta del dollaro aumenterà in modo drammatico l’inflazione americana facendo salire verso l’alto gli interessi americani a lungo termine. A questo punto la Fed si troverà a fronteggiare una difficile scelta… deflazione o iperinflazione, quindi o farà ricorso alla “medicina classica” dello schema deflativo, con l’aumento dei tassi di interesse, che, a loro volta causeranno una depressione economica grave, con la caduta del mercato immobiliare, l’implosione delle azioni, dei bonds e dei mercati dei derivati, insomma un collasso finanziario totale, oppure, in alternativa, scegliere la strada di Weimar dell’inflazione…. Senza alcun dubbio il Comandante in Capo Ben Bernanke, un applaudito studioso della Grande Depressione…, sceglierà l’inflazione… il Maestro gli ha insegnato che la panacea di ogni problema finanziario è quella inflativa, accada quello che accada… per evitare la deflazione si farà ricorso alle rotative tipografiche del Tesoro,… e, se necessario, si monetizzerà tutto quello che c’è da monetizzare. Il risultato finale sarà la distruzione della valuta americana per mezzo della iperinflazione.[3]

L’Iran estrae 4,1 milioni di barili di petrolio al giorno, e ne esporta 2,5. Dagli anni Novanta, si è avvicinato a molti paesi occidentali e asiatici, per concludere contratti vantaggiosi di vendita del petrolio. Per contrastare ciò, il Congresso americano, nel 1996, approvò l'Iran-Libya Sanctions Act (Ilsa), una legge che permetteva di sanzionare ogni paese che avrebbe investito oltre 20 milioni di dollari l'anno nell'acquisto di petrolio iraniano o libico. La legge suscitò talmente clamore in Europa che il governo americano non la applicò. 
L'élite americana ha imposto l'embargo contro l'Iran per impedire che vengano fornite tecnologie per raffinare il petrolio (per poterlo utilizzare per il paese stesso), e per questo il governo iraniano ha bisogno del nucleare civile. In Iran la benzina costa soltanto otto centesimi di euro al litro, e questo non potrà durare a lungo se gli americani impediranno la raffinazione del petrolio e strangoleranno economicamente il paese con altri embarghi.

La propaganda occidentale contro l'Iran sta diventando sempre più invadente e massiccia. Il presidente iraniano Ahmadinejad viene descritto dai media occidentali come un invasato nemico giurato dell'Occidente. Per risultare convincenti, i comunicati di Ahmadinejad vengono alterati e alle immagini vengono aggiunti improbabili cartelloni in inglese che incitano alla guerra. Si è diffusa la falsa notizia che Ahmadinejad avrebbe minacciato di distruggere Israele, mentre invece egli ha semplicemente denunciato la situazione criminale che l'élite israeliana, con l'appoggio degli anglo-americani, ha stabilito in Medio Oriente. 

La frase "Israele deve essere cancellato dalla carta geografica", attribuita al presidente iraniano, ha circolato nei media occidentali, ma è una frase costruita ad effetto, per convincere gli occidentali che l'Iran è nemico di Israele e dell'Occidente. In realtà Ahmadinejad non ha mai pronunciato quella frase, e non ha mai minacciato alcuno Stato. Egli ha parlato soltanto contro il sionismo, cioè quel movimento politico che a partire dagli anni Venti del secolo scorso ha provocato lo sterminio del popolo palestinese e numerosi altri crimini contro ebrei e palestinesi. La traduzione errata della frase di  Ahmadinejad "Imam ghoft een rezhim-e ishghalgar-e qods bayad az safheh-ye ruzgar mahv shavad"[4], ha dato ad intendere che l'Iran volesse fare guerra a Israele, mentre stava soltanto denunciando i crimini dell'élite israeliana. Crimini, peraltro, denunciati dagli anni Trenta e Quaranta da illustri intellettuali ebrei, come Hannah Arendt e Albert Einstein.[5]

La perifrasi "rezhim-e ishghalgar-e qods" significa "il regime che domina Israele", è chiaro il riferimento all'élite di regime e non al paese. Il presidente iraniano non ha mai parlato di "carta geografica" o di "cancellare Israele", come scrissero i giornali occidentali. Egli ha criticato la politica di aggressione del regime israeliano, e ha auspicato un cambio di governo e non certo la guerra contro un paese militarmente assai più potente. 
Un altro modo utilizzato dalle autorità occidentali per criminalizzare il presidente iraniano è quello di imputargli la negazione dell'Olocausto.

Secondo i media occidentali, il presidente Ahmadinejad, nel dicembre del 2006, si sarebbe interessato a "verificare se l'Olocausto realmente abbia avuto luogo durante la II Guerra mondiale". Con questa informazione, la propaganda puntava a suscitare indignazione e a far ritenere le autorità iraniane come una sorta di nazisti redivivi. Per capire la frode, occorreva chiedersi come mai un presidente, che avrebbe molti altri problemi più urgenti da trattare, fosse così interessato ad occuparsi di eventi accaduti oltre 60 anni fa. La verità era che in Iran nessuno ha mai negato l'Olocausto, nemmeno l'Ayatollah Khomeini, e nessuno vuole uccidere ebrei. Già l'ex presidente Mohamed Khatami dette ampie rassicurazioni in merito dicendo: "la morte anche solo di un ebreo è un crimine".[6]
Altri metodi menzogneri criminalizzano l'Iran, per indurci ad accettare l'aggressione che gli anglo-americani stanno progettando da tempo.

La propaganda proviene anche direttamente dalle autorità americane ed europee. Ad esempio, George W. Bush, in un suo discorso, nel marzo del 2006, disse di dover proteggere Israele contro la "minaccia iraniana" e che "la minaccia rappresentata dall’Iran è, evidentemente, costituita dal suo obiettivo dichiarato di distruggere il nostro stretto alleato, Israele".[7] Le autorità americane utilizzano la frase tradotta male per giustificare l'aggressione. L’ex Consigliere del Presidente Richard Clarke ha dichiarato che "il Presidente dell’Iran ha detto più volte che vuole cancellare Israele dalla faccia della terra".  Anche il Segretario di Stato alla Difesa Robert Gates, disse che Israele "non aveva mai minacciato nessuno di annientamento, mentre l’Iran minacciava apertamente di spazzare via Israele dalla cartina".[8]

Questi personaggi non tengono conto di ciò che le autorità iraniane dichiarano per smentire la propaganda criminalizzante. Ad esempio, l’Ayatollah Khamenei, dichiarò: "Noi non abbiamo nessun problema col (resto del) mondo. Noi non rappresentiamo in alcun modo una minaccia per il resto del mondo, e il mondo lo sa bene. Noi non scateneremo mai una guerra. Non abbiamo la minima intenzione di entrare in guerra con nessuno Stato, qualunque esso sia".[9]

Contro l'Iran si stanno utilizzando gli stessi metodi già utilizzati per giustificare l'aggressione all'Iraq: il paese viene additato come pericoloso per il mondo e le sue autorità vengono accusate di "terrorismo" e di essere tiranniche. Ciò permette di far apparire l'aggressione come necessaria per "liberare" oppure, come si diceva per l'Iraq, per "portare la democrazia". Importanti notizie vengono omesse, come, ad esempio, la preparazione dei missili in Israele e il finanziamento di bande terroriste per indebolire il governo iraniano e per destabilizzare il paese. Da tempo gli Usa appoggiano e finanziano il gruppo dei "Mujaheddin del popolo", che cerca di destabilizzare il governo compiendo attentati dinamitardi.

I giornali inglesi, addirittura, cercano di impaurire i cittadini facendo intendere che l'Iran potrebbe colpire il paese con attentati terroristici. Ad esempio, scriveva il Sunday Times del 6 Agosto 2006: (Una fonte vicina all'MI5 ha detto che) "C'è una grande preoccupazione a proposito di cellule dormienti Iraniane presenti in questo paese. I servizi di intelligence stanno prendendo questa minaccia molto sul serio". I media occidentali hanno parlato anche di un presunto traffico illegale di  materiali radioattivi (barre di uranio sparite dal Congo) da parte dell'Iran, proprio come era accaduto anche per l'Iraq, che era stato accusato di avere acquistato uranio in Niger per presunti piani nucleari. 

Secondo la scrittrice iraniana  Farian Sabahi, la propaganda può essere efficace perché i paesi occidentali conoscono poco la Storia dell'Iran: "Sorprende... la mancanza di conoscenza in Occidente della storia del nostro Paese, non è scritta correttamente nei vostri libri di scuola. Nel corso del novecento l’Iran non ha invaso nessun paese, non ha mai attaccato nessuno. Al contrario ha più volte subito attacchi e occupazioni. Nel 1941 gli alleati, in particolare gli inglesi, invasero l’Iran utilizzandolo come corridoio per i rifornimenti a Mosca. Nel ’53 ci fu un colpo di stato contro il premier iraniano Mossadeq, che aveva osato nazionalizzare il petrolio. Il 26 settembre del 1980, giusto ventisei anni fa, Saddam Hussein invase l’Iran. Sono i due pesi e due misure dell’Occidente che colpiscono gli iraniani. Saddam viene processato per vari crimini, contro i curdi e gli sciiti iracheni, ma non è stato processato per aver invaso l’Iran con una guerra durata otto anni e costata al Paese due milioni tra morti ed invalidi".[10]

Mentre l'opinione pubblica viene condizionata a considerare nemico l'Iran, gli anglo-americani e le autorità israeliane preparano l'attacco. Anche l'incremento del potenziale bellico a Vicenza è dovuto alla preparazione per l'attacco all'Iran. 
Dal mese di marzo sono aumentate le forze armate americane situate nei pressi del confine iraniano. Il Generale Leonid Ivashov, vice presidente dell'Accademia di Scienze Geopolitiche, ha reso noto che il Pentagono sta preparando un attacco aereo contro le infrastrutture militari dell'Iran, e ha posizionato nel Golfo una portaerei con 3200 soldati e 80 velivoli, fra questi, bombardieri F/A-18 Hornet e Superhornet, otto navi d'appoggio e quattro sottomarini nucleari. I sottomarini nucleari sono stati portati nel Golfo già nel dicembre 2006.
Lo studioso Michel Chossudovsky spiega che già dal maggio 2003 venne messo a punto il piano "Tirannt", che prevedeva "importanti operazioni di combattimento" contro l'Iran.[11] L'attacco potrebbe richiedere l'uso di armi nucleari:

L'uso di armi tattiche nucleari, che ora fanno parte dell'arsenale per lo scenario di guerra in Medio Oriente, non è esplicitamente contemplato, almeno durante la prima parte del Blitzkrieg americano. Tuttavia il fatto che armi nucleari vengano ammesse come una possibile scelta nello scenario di guerra convenzionale è indicativo del fatto che il loro uso è parte integrale dei piani militari. Nel novembre 2004 Il Comando Strategico americano ha condotto un'esercitazione su larga scala di un "piano di attacco globale" chiamato "Fulmine Globale". Parte di questo era una simulazione di attacco usando sia armi convenzionali che armi nucleari contro un nemico "immaginario" (l'Iran). A seguito di "Fulmine Globale" il Comando Strategico degli Stati Uniti ha dichiarato un avanzato stato di preparazione... L'uso di armi tattiche nucleari è contemplato in CONPLAN 8022 accanto alle armi convenzionali, come parte della dottrina della guerra preventiva dell'amministrazione Bush. Nel maggio 2004 fu emessa la Direttiva Presidenziale sulla Sicurezza Nazionale NSPD 35, intitolata Autorizzazione all'Impiego di Armi Nucleari. Mentre i suoi contenuti sono ancora coperti da segreto ufficiale, si presume che NSPD 35 riguardi lo spiegamento di armi tattiche nucleari nel teatro di guerra in Medio Oriente secondo CONPLAN 8022.[12]

Dal 21 al 24 Gennaio 2007 si è svolta la conferenza di Herzliya, in cui sono state messe alla luce le strategie contro l'Iran. Herzliya è una università privata che si occupa di problemi politici e ha legami con i servizi segreti israeliani. Annualmente, dal 2000, organizza una conferenza per trattare la "sicurezza di Israele". A queste conferenze partecipano anche i neo conservatori statunitensi, che condividono appieno le strategie belliche dell'élite israeliana. In una di queste conferenze, Benjamin Netanyahu spiegò alcune strategie contro l’Iran:

Diffondere nei media l’idea che l’Iran, sulla scia del Reich nazista, si appresta a distruggere gli ebrei. Poi far giudicare il Presidente Ahmadinejad da un tribunale internazionale per istigazione al genocidio ( principio della giustizia preventiva ).

Convincere gli stati occidentali ad adottare unilateralmente delle sanzioni economiche contro l’Iran per mettere la sua economia in ginocchio senza passare per il Consiglio di sicurezza dell’ONU.

Attaccare con precisione per infliggere danni critici alle basi nucleari, con efficacia e rapidità. I bombardieri B2 e i missili da crociera possono farlo. Dovrà farlo Israele se è chiaro che c’è una minaccia alla sua esistenza. Israele dovrà farlo ed il Presidente (Bush) vi si aggiungerà.[13]

Secondo questi piani, l'Iran deve essere indebolito economicamente prima dell'attacco, attraverso diverse strategie, come si fece anche nel caso dell'Iraq. Il Dipartimento del Tesoro americano e altri istituti, stanno condizionando governi, banche e imprese a interrompere rapporti finanziari o economici con l'Iran, per isolare il paese. 
Le autorità americane denunciano che i governi europei (Germania, Italia, Francia, Spagna e Austria), nel 2005, hanno dato all'Iran prestiti per 18 miliardi di dollari. Ciò è avvenuto perché negli ultimi dieci anni l'Iran è diventato un importante partner commerciale per l'Europa, vendendo il suo petrolio in cambio di macchinari, equipaggiamento industriale e altri prodotti europei. Washington vuole spezzare questi legami commerciali, anche per impedire che l'Iran stipuli contratti di vendita del petrolio assai convenienti, come è già avvenuto. Nel 1999, le autorità iraniane firmarono accordi con l'Eni e con la Total , in cui gli investitori potevano avere anche una piccola quota della produzione, come riserva. Washington aveva fatto pressione affinché gli accordi non andassero a buon fine, ma ciò non accadde.

Le autorità americane vorrebbero sanzionare coloro che investono oltre 40 milioni di dollari per l'acquisto del petrolio iraniano. L'Iran basa la sua ricchezza per il 90% sulle esportazioni di petrolio, e impedirle o limitarle significa distruggerlo economicamente. 
Da molti anni gli Usa cercano di indebolire l'Iran anche attraverso sanzioni. Nel novembre del 1979 si ebbero le prime sanzioni unilaterali, seguite da quelle del 1987, 1995 e 2000, che vietavano l'importazione di beni iraniani e ogni investimento Usa. Nonostante le sanzioni, l'Iran ha comunque stabilito rapporti commerciali e ha attratto investimenti da parte di molti paesi europei e asiatici. Oggi, data l'ostilità degli Usa e dell'Europa, l'Iran si sta avvicinando alla Cina, che ignorando le pressioni americane sta concludendo affari con Teheran. Nel 2005 la Cina ha stipulato contratti con l'Iran per l'acquisto di gas e petrolio per oltre 100 miliardi di dollari. Anche diverse compagnie petrolifere russe stanno firmando contratti con l'Iran per estrarre petrolio da giacimenti iraniani. 

Nelle acque di Shatt El Arab, il 23 marzo scorso, sono stati arrestati 15 soldati britannici, e i media occidentali si sono scatenati per rendere il fatto quanto più possibile criminalizzante verso l'Iran. Ad esempio, il giornale inglese Sunday Times, senza spiegare perché i soldati della Corona fossero sconfinati nelle acque iraniane, assunse il punto di vista delle autorità anglo-americane e parlò di una presunta vendetta degli iraniani per le sanzioni contro il nucleare proposte dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu. 
Il ministero degli Esteri iraniano ha affermato che i marinai britannici sono entrati illegalmente nelle acque territoriali iraniane, e il governo li accusa di spionaggio.  La gerarchia militare britannica nega che i marinai si trovassero nelle acque iraniane e sostiene che erano nelle acque territoriali irachene. Lo stesso giorno dell'arresto dei marinai, l'ambasciatore britannico alle Nazioni Unite, Emyr Jones Parry, annunciava nuove sanzioni contro l'Iran.

Dato che la preparazione per l'aggressione all'Iran va avanti già da diverso tempo, non è del tutto improbabile che i 15 militari stessero controllando i possibili preparativi di guerra iraniani. Per capire se e come l'Iran si sta preparando alla guerra, è stato prelevato segretamente il generale iraniano Ali Reza Asgari, che con molta probabilità ha dovuto subire torture in una delle carceri create dalla Cia, affinché rivelasse informazioni sulle strategie e sulle potenzialità belliche iraniane. I media occidentali non si sono occupati granché della scomparsa del generale iraniano. Soltanto qualche giornale inglese, come il Sunday Times, ha dato un resoconto (senza citare le fonti) di una presunta fuga di Asgari dal paese: "Il 7 Febbraio, 4 giorni dopo il suo arrivo a Damasco ed assicuratosi che la propria famiglia fosse al sicuro, Asgari ha preso un volo per Istanbul. Gli è stato dato un nuovo passaporto ed ha lasciato la Turchia in macchina, facendo perdere le proprie tracce nell’ombra". In realtà, Asgari è scomparso il 9 dicembre 2006, e fonti iraniane hanno svelato all’agenzia Fars che è stato portato in Turchia da agenti della Cia, per torturarlo, com'è accaduto negli ultimi anni a centinaia di persone. 

Occorre ricordare che il tratto di Shatt El Arab non è mai stato diviso in maniera formale (con un trattato) e il centro del fiume costituirebbe il confine fra Iraq e Iran. Tale imprecisione venne utilizzata anche da Saddam Hussein, nel 1980, per scatenare la guerra. 
I media occidentali danno per scontato che le autorità britanniche stiano dicendo la verità, dimenticando le numerose menzogne dette dal governo Blair ai tempi della questione irachena. L'operazione di Shatt El Arab potrebbe essere una messa in scena organizzata dalle autorità anglo-americane per provocare l'Iran.

 Un attacco all'Iran permetterebbe agli Usa di alzare il prezzo del petrolio, e di mostrare al mondo intero chi comanda. Servirebbe anche a rendere più deboli i paesi che resistono ai diktat di Washington, come la Siria , la Corea del nord e la Cina. I progetti dell'élite anglo-americana, dopo la Guerra Fredda , hanno seguito un piano di impoverimento e ricolonizzazione di numerosi paesi, per poter contrastare le lotte dei popoli per una vera democrazia. L'Iran è il prossimo paese nel mirino, anche per poter realizzare il progetto statunitense di dominio mondiale. Ma l'Iran è più forte militarmente dell'Iraq, e la sua popolazione resisterebbe maggiormente anche ai tentativi di scatenare la guerra civile, perché ha già avuto modo di vedere ciò che è stato fatto in Iraq. Un'aggressione a Teheran, che ha ancora appoggi da parte di alcuni esponenti dell'Alleanza del Nord, potrebbe scatenare un lunghissimo e sanguinosissimo conflitto, che vedrebbe coinvolto tutto il Medio Oriente e anche altri paesi, come la Cina e la Russia.  

Nelle guerre contro i popoli, l'élite anglo-americana non si aspetta di "vincere" nel senso tradizionale del termine, perché colpendo paesi più deboli ciò risulta ovvio, ma vuole portare devastazione, appropriandosi delle risorse e creando una situazione di caos, che impedirà alla resistenza di unire il paese nella lotta. 
Dopo l'occupazione, i media parlerebbero di "crisi iraniana", ad indicare la guerra civile, che sarà progettata dai servizi segreti, utilizzando bande di terroristi e creando insicurezza, disperazione e morte. Lo scenario che gli Usa vorrebbero realizzare è simile a quello iracheno e afghano, con livelli di disoccupazione e di povertà altissimi, con privazione dell'acqua e della corrente elettrica e con la pratica di ogni crimine contro la popolazione. In tal modo, l'élite oggi dominante, vorrebbe rendere l'orgoglioso popolo iraniano sottomesso al sistema del capitalismo selvaggio. 

 

Antonella Randazzo ha scritto Roma Predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1943, (Kaos Edizioni, 2006); La Nuova Democrazia. Illusioni di civiltà nell'era dell'egemonia Usa (Zambon Editore 2007) e Dittature. La Storia Occulta (Edizione Il Nuovo Mondo, 2007).
Se vuoi lasciare un commento agli articoli o ai libri di Antonella Randazzo vai a  http://antonellarandazzo.blogspot.com/

Note:

[1] http://www.counterpunch.org/leupp02172007.html
[2] http://www.counterpunch.org/leupp02172007.html
[3] http://www.dissidentvoice.org/Jan06/Whitney24.htm
[4] Arash Norouzi, http://www.globalresearch.ca
[5] New York Times , 4 dicembre 1948.
[6] http://www.rebelion.org/noticia.php?id=45629
[7] Arash Norouzi, http://www.globalresearch.ca
[8] http://www.globalresearch.ca/
[9] Arash Norouzi, http://www.globalresearch.ca
[10] Il nuovo Riformista, 12 Settembre 2006.
[11] William Arkin, Washington Post, 16 aprile 2006.
[12] www.globalresearch.ca/articles/CHO112C.html
[13] "Mobilizzazione contro l’Iran", Réseau Voltaire, 17 Novembre 2006. http://www.voltairenet.org/article145047.html 

 
www.disinformazione.it