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È il riscaldamento globale che ha colpito New Orleans
di Jeremy Rifkin - http://www.commondreams.org/views05/0906-26.htm
Tradotto da Luca Donigaglia per www.nuovimondimedia.com

Katrina non è esattamente un colpo di sfortuna, non è la cattiva sorpresa di una natura imprevedibile riservata all’inerme genere umano. Prima il ruggito assordante spinto a 145 miglia all’ora sulla costa del Golfo. Poi il silenzio, surreale, e le vittime portate a riva dalle onde del mare. E ora è come se ogni funzionario di Washington stesse trattenendo il respiro, se non fosse per il piccolo sporco segreto che pian piano sta uscendo allo scoperto: Katrina è il prezzo da pagare per le continue emissioni planetarie di anidride carbonica e per il riscaldamento globale.
Gli scienziati ci stanno avvertendo da anni. Ci hanno detto di tenere gli occhi puntati sui Caraibi, l’area dove è più probabile si facciano sentire i drammatici effetti del cambiamento globale sotto forma di violenti uragani. Appunto. Nel corso degli ultimi anni è stato proprio il bacino caraibico la zona più esposta all’attività e alla crescente intensità dei disastri naturali. Ora, dopo aver preteso la devastazione di una grossa fascia della costa sud-orientale degli Stati Uniti d’America, la vendetta del killer Katrina si è consumata.

La realtà è che Katrina riflette la punta dell’iceberg, ovvero il momento in cui il popolo americano ha iniziato ad abbandonare il mito rassicurante secondo cui la fine dell’era del petrolio e i devastanti effetti del cambiamento climatico costituiscono una realtà ancora lontana. La realtà lontana che è giunta sulle rive del lago Ponchartrain travestita da onda gigantesca pronta a invadere le strade di New Orleans, sfogando la propria devastazione e gettando nella rovina le basse terre del Mississipi in data lunedì 29 agosto. Il risultato: gli Usa e il mondo intero sono cambiati per sempre.
Katrina non è esattamente un colpo di sfortuna, la cattiva sorpresa di una natura imprevedibile riservata all’inerme genere umano. Non possono esserci equivoci. Noi abbiamo creato questo mostruoso cataclisma. Abbiamo saputo della potenziale drammatica pericolosità del riscaldamento globale per quasi un’intera generazione. E non ce ne è importato un accidente. Cosa ci aspettavamo? Il 52% dei veicoli circolanti negli Stati Uniti sono veicoli SUVs [Sport Utility Vehicles, NdT], che vomitano nell’atmosfera quantità record di CO2.
Come spieghiamo ai nostri bambini che noi, cittadini americani, rappresentiamo meno del 5% della popolazione del pianeta ma divoriamo più di un quarto dell’energia fossile prodotta ogni giorno in tutto il mondo? Come possiamo dire ai parenti delle vittime dell’uragano che siamo stati così egoisti da non predisporre neanche una misera tassa del 5% su un gallone di benzina per promuovere il risparmio di energia? E quando i nostri vicini dell’Europa e del resto del mondo ci domandano perché siamo stati così reticenti nel fare del riscaldamento globale una priorità, quando ci domandano perché non abbiamo sottoscritto il trattato internazionale di Kyoto cosa raccontiamo?

Nei prossimi giorni e nelle prossime settimane milioni di americani si precipiteranno per assistere le vittime offrendo cibo, riparo e assistenza finanziaria. Le calamità naturali fanno uscire il meglio del carattere della nostra gente. Siamo orgogliosi di poterci essere nel momento in cui i nostri compagni stanno soffrendo.
Perché non possiamo comportarci allo stesso modo quando è la Terra ad avere bisogno di aiuto? Ci si dovrebbe vergognare di fronte alla pratica di porre sistematicamente i propri interessi personali di breve periodo in posizione privilegiata rispetto alla salute del pianeta.
Naturalmente, ora ne paghiamo il prezzo. Siamo bloccati tra due tempeste.
Da una parte la domanda mondiale di petrolio, per la prima volta nella storia, ne sta eclissando la fornitura. Il prezzo di un barile di petrolio sui mercati internazionali si aggira oggi sui 70 dollari. La benzina e il carburante da riscaldamento stanno crescendo di pari passo alle acque dell’alluvione negli Stati del Golfo, anche perché l’uragano ha spazzato via le piattaforme petrolifere e le raffinerie dell’area. Stiamo entrando nelle ultime poche decadi dell’era petrolifera, con conseguenze drammatiche per il futuro di un’economia globale fondata sui combustibili fossili come quella attuale. Nel momento in cui i nostri geologi non sanno quando la produzione petrolifera mondiale toccherà esattamente il suo picco solo qualche personaggio del business petrolifero ormai sembra ancora non voler accettare la realtà di questo spaventoso scenario.

Dall’altra parte la biosfera si sta intossicando per la proliferazione di emissioni di CO2, e da questo punto di vista non c’è scampo. Il mondo si sta riscaldando, e ci sta costringendo all’inimmaginabile.
Nelle prossime settimane ci saranno migliaia di lodevoli iniziative a favore di chi non c’è più, a favore dei dispersi e dei feriti. Ci saranno strette di mano e recriminazioni. La gente continuerà a chiedersi perché le dighe a protezione di New Orleans e della regione del Golfo hanno ceduto. Perché non sono state prese le necessarie precauzioni in vista di Katrina. Perché i soccorsi sono stati tardivi e inefficaci. Quello che non vorremmo sentire dal presidente Bush, dallo staff della Casa Bianca, dai magnati del petrolio e da coloro di noi che ancora guidano le SUVs è un “Ci dispiace!” di gruppo. 
Bush in queste ore di dolore sta richiamando il popolo americano al proprio compito, per facilitare la ricostruzione di dighe, strade, abitazioni.
A che scopo, se continuiamo a non occuparci del flagello del riscaldamento globale. La prossima catastrofe potrebbe essere ancora più devastante.
Se potessi parlare al presidente, almeno per un momento, questo è ciò che vorrei dirgli.
Signor presidente, se hai guardato a fondo nell’occhio dell’uragano sarai riuscito a scorgere il futuro del pianeta, il futuro che ci aspetta. È tempo di dire al popolo americano e al mondo che la reale lezione di Katrina è che abbiamo bisogno di mobilitare il talento, l’energia, la determinazione del nostro popolo e di qualsiasi altro per svezzare noi stessi dalla spina del petrolio che sta minacciando l’esistenza di ogni creatura della Terra. Presidente Bush, ci risparmi le sue omelie sul coraggio americano e sulla determinazione a “resistere alla tempesta e ad andare avanti”. Invece, ci dica la verità sul perchè Katrina è arrivata. Ci sproni a riflettere sui nostri stili di vita e sui i nostri consumi quotidiani. Faccia un appello per preservare le riserve di energia fossile rimaste e per fare sacrifici nel consumare energia in futuro. Ci fornisca un piano per consentire agli Stati Uniti d’America di andare oltre le fonti di energia tradizionali e di promuovere le risorse rinnovabili e il potere dell’idrogeno. Stiamo aspettando.

Fonte: http://www.commondreams.org/views05/0906-26.htm
Tradotto da Luca Donigaglia per Nuovi Mondi Media

 
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