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Pretesti e visioni
Noam Chomsky – Tratto da www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=7470
Internazionale 559, 29 settembre 2004

Le azioni violente provocano reazioni che rischiano di trasformarsi in una catastrofe

Forse il documento più minaccioso in circolazione è la Strategia della sicurezza nazionale statunitense (Nss) del settembre 2002. La sua applicazione in Iraq è già costata molte vite e ha scosso il sistema internazionale.
Tra le ricadute della lotta al terrore c'è una ripresa della Guerra fredda, con più giocatori nucleari che mai, e con scenari sempre più pericolosi in tutto il mondo. Come ha detto Colin Powell, la Nss ha stabilito che Washington ha un "diritto sovrano a usare la forza per difendersi" dai paesi che hanno armi di distruzione di massa e cooperano con i terroristi (i pretesti per invadere l'Iraq). Il vero motivo per l'invasione viene ancora taciuto: stabilire le prime basi militari Usa in uno stato asservito al centro delle principali risorse energetiche al mondo.
Ma siccome i vecchi pretesti sono venuti meno, il presidente Bush e i suoi colleghi, dando prova di flessibilità, hanno rivisto la dottrina dell'Nss per poter ricorrere alla forza anche se un paese non ha armi di distruzione di massa né programmi per svilupparle. È sufficiente "l'intenzione e la capacità" di farlo. Quasi ogni paese ha la capacità, mentre l'intenzione è rimessa al giudizio dell'osservatore. La dottrina ufficiale, quindi, è che chiunque può essere attaccato.
Nel settembre del 2003 Bush ha assicurato agli americani che "il mondo è più sicuro perché la nostra coalizione ha messo fine a un regime iracheno che coltivava legami con il terrorismo e fabbricava armi di distruzione di massa". I suggeritori del presidente sanno che le menzogne possono diventare verità se ripetute con insistenza.
La guerra in Iraq ha invece alimentato il terrore in tutto il mondo. Nel novembre del 2003, l'esperto di Medio Oriente Fawaz Gerges ha definito "incredibile il modo in cui la guerra ha ridato vigore al richiamo di un islam globale jihadista, in netto declino dopo l'11 settembre". Lo stesso Iraq è diventato per la prima volta un "rifugio dei terroristi".

È aumentato il reclutamento per la rete di al Qaeda. "Ogni uso della forza è un'altra piccola vittoria per bin Laden", che "sta vincendo", scrive il giornalista britannico Jason Burke in Al-Qaida. Per la galassia degli islamismi radicali, oggi quasi tutti indipendenti, bin Laden è più che altro un simbolo.
La corretta risposta al terrorismo è duplice: verso i terroristi e verso la riserva di sostegno potenziale. I terroristi si considerano un'avanguardia che cerca di mobilitare altra gente.
Il lavoro delle forze di polizia, che è una risposta senz'altro appropriata, ha avuto successo in tutto il mondo. Ma più importante ancora è l'ampio bacino di persone che i terroristi cercano di raggiungere, tra cui molti che li odiano e li temono ma che comunque ritengono giusta la loro causa. Noi possiamo, con la violenza, aiutare l'avanguardia terroristica a mobilitare questa riserva di sostegno. Oppure possiamo affrontare la "miriade di risentimenti" che, secondo Burke, sono "le cause principali della moderna militanza islamica". Questo sforzo può ridurre in modo significativo la minaccia del terrore.
Le azioni violente provocano reazioni che rischiano di trasformarsi in una catastrofe. Secondo alcuni analisti statunitensi, la spesa russa per la difesa è triplicata negli anni di Bush e Putin, in gran parte in risposta alla bellicosità dell'amministrazione Bush. Da entrambe le parti le testate nucleari restano in allerta. Ma i sistemi di controllo russi si sono deteriorati. I pericoli aumentano con la minaccia e l'uso della forza.
I piani militari di Washington hanno provocato anche una reazione cinese. Secondo quanto scrive il corrispondente del Boston Globe, Jehangir Pocha, Pechino ha annunciato programmi per "trasformare il suo esercito in un'entità tecnologicamente moderna capace di proiettare la sua forza su scala globale entro il 2010, rimpiazzando il suo arsenale nucleare terrestre – una ventina di missili balistici degli anni settanta – con 60 nuovi missili a testata multipla, capaci di colpire gli Stati Uniti".

È probabile che le azioni della Cina scatenino un effetto a catena in India, Pakistan e altrove. I programmi nucleari in Iran e Corea del Nord, che sono almeno in parte una risposta alle minacce americane, sono davvero preoccupanti. Nel 2003, all'assemblea generale dell'Onu, Washington ha votato da sola contro l'applicazione del Trattato di interdizione totale degli esperimenti nucleari e da sola, con l'India, contro i primi passi verso l'eliminazione delle armi nucleari.
E solo con Israele e Micronesia, contro la proliferazione nucleare in Medio Oriente. I presidenti hanno spesso delle "dottrine", ma Bush ii è il primo ad avere anche delle "visioni". La più esaltata, partorita dopo la forzata rinuncia a tutti i pretesti per l'invasione dell'Iraq, è quella di portare la democrazia in Iraq e in Medio Oriente. Nel novembre del 2003 questa visione è stata spacciata come il reale motivo della guerra.
Per prendere sul serio queste dichiarazioni dovremmo presumere che i nostri leader sono dei bugiardi: mentre mobilitavano i loro paesi per la guerra, dichiaravano che i motivi per farla erano del tutto diversi. Il buonsenso obbliga a dubitare dei pretesti usati per sostituirne altri già smentiti dai fatti.


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