Alla ricerca delle reali ragioni di un conflitto annunciato
di Pietro Brevi, editoriale - tratto da www.storiain.net (visto su www.nexusitalia.com)

«Se dici una menzogna enorme e continui a ripeterla, prima o poi il popolo ci crederà. La menzogna si può mantenere per il tempo in cui lo Stato riesce a schermare la gente dalle conseguenze politiche, economiche e militari della menzogna stessa. 
Diventa così di vitale importanza per lo Stato usare tutto il suo potere per reprimere il dissenso, perché la verità è il nemico mortale della menzogna e, di conseguenza, la verità è il più grande nemico dello Stato».

Joseph Goebbels
Ministro della Propaganda della Germania nazista (1933-1945).

In questi giorni l'opinione pubblica internazionale e molti governi del pianeta attendono con angoscia lo scatenarsi, da un momento all'altro, della guerra statunitense contro l'Irak, conflitto annunciato, giustificato e pilotato dai media che fanno capo agli apparati dell'alta finanza. Dei molti analisti che tengono d'occhio la situazione ben pochi sono riusciti a rilevare le ragioni reali che determinano questa crisi e i veri obiettivi dell'azione in fieri. 
Controllo diretto delle risorse ed espansione geostrategica a parte, la famiglia dei petrolieri Bush e il management politico-finanziario del nuovo ordine mondiale seguono da mesi con crescente panico l'evoluzione dell'euro, la nuova moneta che fino a poco tempo fa consideravano con un sorriso di compatimento. Quali le ragioni di questo stato d'allarme?
Per rispondere alla domanda è necessario, a nostro parere, considerare la successione degli avvenimenti che seguono facendo attenzione alle date.
Già nel novembre 2000 il governo dell'Irak decise che, nelle sue future transazioni commerciali riguardanti le vendite di idrocarburi, il dollaro sarebbe stato sostituito dall'euro. Immediatamente dopo l'entrata in vigore della nuova moneta europea le intere riserve irakene, ammontanti a 10 bilioni di dollari depositati alle Nazioni Unite nel quadro del programma "Oil for food", furono convertite in moneta europea.
Ricordiamo che l'Irak è il paese considerato come la seconda riserva di petrolio al mondo dopo l'Arabia Saudita.
Nonostante la conseguente perdita di valore dei depositi irakeni (fino a poco tempo fa l'euro era deprezzato rispetto al dollaro), le notizie su quanto era accaduto furono, naturalmente, tenute accuratamente nascoste dall'amministrazione statunitense, da Wall Street e dagli organi d'informazione, nel timore che potessero influenzare pesantemente gli orientamenti degli investitori e i livelli di spesa dei consumatori (1).
Adesso, naturalmente, con il rapporto dollaro/euro capovolto, il valore delle riserve irakene è notevolmente aumentato.
La diffusione di simili notizie avrebbe rischiato di veder aumentare la richiesta per nuove politiche energetiche meno dispendiose, attivare lo sfruttamento di fonti alternative a quelle petrolifere, richiedere un maggior rispetto dell'ambiente, ecc.
La mossa irakena puntava, ovviamente, ad ammorbidire la linea degli USA sull'embargo ed a stimolare l'azione politica dei paesi europei favorevoli al ridimensionamento o all'abolizione delle sanzioni.
Va precisato a questo punto che l'economia statunitense è strettamente legata al ruolo del dollaro come moneta d'interscambio internazionale e nel caso questo ruolo venisse meno all'improvviso l'intero suo funzionamento andrebbe in crisi (2).
La presenza di sempre più massicce forze armate degli USA nell'area del Golfo Persico ha dunque lo scopo non solo di far pagare a Saddam Hussein questo pericoloso sgambetto economico ma anche di servire come monito permanente agli altri paesi dell'OPEC, come Iran (3) e Arabia Saudita, che stanno valutando con interesse una analogo escamotage.
In Iran la proposta di cambio valuta è stata analizzata dalla Banca Centrale e se presentata al parlamento la sua approvazione è data per scontata. I parlamentari iraniani ritengono infatti che una simile soluzione sia logica essendo l'euro più conveniente del dollaro. Come dimostra l'operazione decisa nel corso del 2002, quando molte delle riserve in valuta della Banca Centrale Iraniana sono state cambiate da dollari a euro (4).
Secondo il deputato Mohammed Abasspour, membro della Commissione Parlamentare per lo Sviluppo, le riserve cambiate superano ormai il 50% e il rafforzamento dell'euro porterà ai
paesi asiatici, in particolare a quelli esportatori di greggio, un'opportunità nuova per creare legami più forti con i paesi membri dell'Unione Europea. Inoltre Abasspour ritiene che il commercio mondiale attualmente monopolizzato dal dollaro possa essere ridimensionato dalla diffusione dell'euro a beneficio della concorrenza e dell'intero mercato. Sono così facilmente comprensibili i motivi per cui l'Iran viene collocato subito dopo l'Irak nell'elenco dei paesi canaglia sui quali attivare la "guerra al terrore"(5).
Agli inizi di dicembre 2002, senza che niente lo facesse presagire, anche un altro dei paesi del cosiddetto asse del male, la Corea del Nord, annunciava ufficialmente il passaggio alla nuova valuta europea per i suoi commerci (6). La scelta di questo paese, di struttura economica estremamente precaria, non potrà provocare, comunque, un danno economico significativo agli USA, ma è un ulteriore segnale.
Il comportamento politico-militare statunitense dopo l'11 settembre 2001, diplomaticamente rozzo ed irrispettoso dei trattati, ha trasformato le simpatie internazionali, già per altro esistenti ma fortemente accentuate dalla tragedia, in un malcelato antiamericanismo che affiora anche tra gli alleati più tradizionali (7).
Uno studio della defunta Enron aveva identificato l'area del mar Caspio come una riserva potenziale di 200 bilioni di barili di petrolio: su questo studio era basato il piano energetico di sviluppo petrolifero voluto dal vice Presidente petroliere Dick Cheney, tendente a favorire i paesi di quella zona che non appartengono al cartello dell'OPEC (8). Per attuare il disegno era necessario il controllo del territorio afgano, insostituibile via per il trasporto del greggio. Dopo la rottura delle trattative con il governo dei talebani, portate avanti ignorando le sanzioni dell'ONU (9) e la tragedia dell'11 settembre Bin Laden veniva designato come il nemico più pericoloso e iniziava l'attacco all'Afganistan.
Soltanto ad invasione avvenuta studi più accurati dimostravano l'inattendibilità del rapporto Enron quantificando le riserve dei paesi dell'area del Caspio in non più di 20 bilioni di barili di un petrolio di scarsa qualità e ad elevato contenuto sulfureo.
L'imponente intervento militare perdeva così il suo scopo e veniva silenziosamente smobilitato, alla faccia della caccia allo sceicco del terrore.
Così, la giunta Bush provvedeva velocemente a sostituire, come nemico principale, Bin Laden con Saddam Hussein, ovvero l'Irak, le sue risorse e le sue decisioni economiche.
La situazione economica interna statunitense scossa dai continui scandali, di cui quelli dell'Enron e della Worldcom sono soltanto la punta dell'iceberg, ha spinto altri paesi tra i quali la Cina, il Venezuela e la Russia a diversificare le loro riserve di valuta straniera e a convertirle parzialmente in euro (10).
Voci insistenti danno all'ordine del giorno della prossima assemblea di Vienna dei paesi aderenti all'OPEC, la discussione sulla sostituzione della valuta di riferimento. Numerosi Paesi che scarseggiano di riserve in dollari guardano con crescente attenzione le diversificazioni attuate dal Venezuela e i suoi accordi con altri 12 paesi per stabilire nei loro commerci la formula del baratto.
Nell'aprile 2002, poco dopo queste decisioni, è fallito un tentativo di colpo di stato appoggiato dall'amministrazione Bush contro il presidente venezuelano Hugo Chavez Frias (11).
Il diplomatico venezuelano Francisco Mieres-Lopez ha confermato come un anno prima di questi minacciosi tentativi il governo del Venezuela aveva iniziato a valutare la possibilità di passaggio all'euro.
Ricordiamo che il Venezuela è il quarto grande paese produttore di petrolio e gli attentati alla sua destabilizzazione, portati avanti in questi mesi dalle elites economiche interne e dalla oligarchia petrolifera Bush/Cheney, poggiano sul tentativo di privatizzare le sue risorse, tentativo che, gli accordi commerciali basati sul baratto promossi dal presidente Chavez e dalle prospettive di passaggio all'euro, rischia di togliere al dollaro il predominio nelle transazioni.
Con la decisione di allargare l'Unione Europea a dieci altre nazioni è previsto per il 2004 un prodotto interno lordo della UE di 9,6 trilioni di dollari e una popolazione di 450 milioni di cittadini, una concorrenza formidabile per gli USA che allora avranno 10,5 trilioni di dollari di prodotto interno lordo con 280 milioni di cittadini.
Durante una sua visita in Spagna nell'aprile 2002 Javad Yarjani, capo del Dipartimento Analisi del Mercato Petrolifero dell'OPEC ha illustrato lo scenario economico internazionale dal punto di vista della sua organizzazione (12). Yarjani ritiene un'anomalia il fatto che il dollaro domini il commercio mondiale superando la percentuale di esso condivisa dagli USA mentre i paesi dell'euro detengono una percentuale superiore con economie più sane e posizioni contabili e di bilancio più equilibrate. Questo è dimostrato dai legami commerciali sempre più stretti tra Paesi membri dell'OPEC e l'area dell'euro dalla quale vengono importati oltre il 45% dei beni.
L'alto funzionario non ha escluso che in futuro l'OPEC possa decidere l'adozione dell'euro.
E' indicativo sottolineare come le sue dichiarazioni siano state in qualche modo segnalate da alcuni organi d'informazione europei ma accuratamente ignorate dalla stampa statunitense.
C'è da aggiungere come un completo successo internazionale dell'euro-moneta potrebbe ricevere la spinta definitiva alla sua adozione anche da parte della Gran Bretagna, che per il momento rimane in una posizione estremamente ambigua.
Per potersi cautelare da simili svolte l'amministrazione statunitense ha scelto come misura urgente e rapida la soluzione di sostituire Saddam Hussein con una nuova amministrazione fantoccio in grado di cancellare la scelta irakena sulla nuova moneta europea e riadattare la valuta precedente.
A quel punto gli altri paesi dell'OPEC verrebbero tenuti tranquilli iniziando una massiccia produzione del petrolio irakeno in modo da superare le quote fissate dal cartello: questa politica ridurrebbe di conseguenza il costo per barile e smantellerebbe così il sistema di controllo dei prezzi praticato dall'OPEC fino ad arrivare a provocare il collasso di questa organizzazione (13). Alla prossima riunione di Vienna i paesi membri dell'OPEC ci andranno avendo chiare le conseguenze di una simile prospettiva. Non è escluso quindi che la manovra di autodifesa possa essere il cambiamento della valuta di riferimento sulle transazioni petrolifere.
Nel caso in cui tutti i paesi aderenti all'OPEC decidessero di preferire la valuta europea rispetto al dollaro le banche centrali dei paesi consumatori dovrebbero disfarsi della valuta statunitense presente nelle loro riserve per sostituirla con gli euro. Una simile decisione comporterebbe una perdita immediata del valore del dollaro, stimata tra il 20 e il 40%: il che aprirebbe, di conseguenza, la strada ad una massiccia inflazione interna agli USA e provocherebbe situazioni economiche da Terzo mondo, simili a quelle attuali in Argentina.
Questa decisione segnerebbe anche la fine dell'egemonia del dollaro e della predominanza mondiale degli USA.
L'unica via estrema che rimane al governo Bush per evitare questa catastrofe è l'estensione della sua egemonia militare in appoggio alla sua egemonia economica (14).
Qualunque tentativo di Paesi del Medio Oriente e dell'America Latina membri dell'OPEC di transizione verso l'euro scatenerebbe l'azione militare statunitense. Un'azione mascherata da guerra al terrore con la quale l'amministrazione Bush sta coprendo la verità dei fatti (15).
Mentre l'opinione pubblica statunitense sembra restare impotente di fronte al collasso economico del Paese dovuto alla massiccia manipolazione del debito, agli inopportuni tagli delle tasse, ai deficit dei bilanci, agli abusi delle multinazionali, all'insostenibile espansione del credito, al crollo dei risparmi, al record dell'indebitamento personale, eccetera (16).
Per quanto riguarda il fronte esterno una parte dell'opinione pubblica internazionale ha già mostrato di non tollerare che gli USA impongano la loro forza militare su quelle nazioni sovrane che vogliono decidere liberamente il loro futuro e le loro scelte economiche.
Rimangono tuttavia molti i cittadini, fra i quali c'è la gran massa degli americani, tenuti lontani dalla realtà con l'uso della tecnica goebbelsiana.
Ma la pratica dell'informazione sempre più funzionale al grande potere, sempre più sfacciatamente bugiarda, angosciante e distorta, non potrà che produrre, nella comunità planetaria, sbandamento e confusione.
E aumenterà progressivamente la sfiducia nelle istituzioni democratiche, che appariranno sempre più strutture al servizio delle colossali consorterie economiche del globo.
Lasciamo queste frettolose note - scritte in una atmosfera che ha l'orrendo odore della guerra - alla riflessione dei lettori. Accompagnandole con una citazione scritta quando la giovane democrazia americana stava consolidandosi ed esportava nel mondo la speranza di un mondo più giusto e migliore:

«Se una nazione si aspetta di essere ignorante e libera, essa immagina quello che mai è stato e mai sarà. Il popolo non può essere sicuro senza informazione.
Quando la stampa è libera, e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro».
Thomas Jefferson, Presidente degli Stati Uniti dal 1801-1809

 

RIFERIMENTI
1- Recknagel, Charles, 'Iraq: Baghdad Moves to Euro' (November 1, 2000) www.rferl.org/nca/features/2000/11/01112000160846.asp
2- W. Clark "The Real but Unspoken Reasons for the Upcoming Iraq War" (Sunday 26 Jan 2003) www.indymedia.org/print.php3%20%20article_id=231238
3- Gutman, Roy & Barry, John, Beyond Baghdad: Expanding Target List: Washington looks at overhauling the Islamic and Arab world (August 11, 2002)   www.unansweredquestions.net/timeline/2002/newsweek081102.html
4- 'Economics Drive Iran Euro Oil Plan, Politics Also Key' (August 2002)   www.iranexpert.com/2002/economicsdriveiraneurooil23august.htm
5- "Forex Fund Shifting to Euro, " Iran Financial News, (August 25, 2002)   www.payvand.com/news/02/aug/1080.html
6- Gluck, Caroline, "North Korea embraces the euro" (December 1, 2002)  
http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/asia-pacific/2531833.stm
7- "What the World Thinks in 2002 : How Global Publics View: Their Lives, Their Countries, The World, America" (2002)
http://people-press.org/reports/display.php3%20%20ReportID=165
8- Pfeiffer, Dale, "Much Ado about Nothing -- Whither the Caspian Riches" (December 5, 2002) www.fromthewilderness.com/free/ww3/120502_caspian.html
9- Jean Charles-Briscard & Guillaume Dasquie, "The Forbidden Truth: U.S.-Taliban Secret Oil   Diplomacy, Saudi Arabia and the Failed Search for bin Laden", Nation Books, 2002.
10- "Euro continues to extend its global influence" (January 7, 2002)  www.europartnership.com/news/02jan07.htm
11- Birms, Larry & Volberding, Alex, "U.S. is the Primary Loser in Failed Venezuelan Coup",   Newsday (April 21, 2002). www.coha.org/COHA%20_in%20_the_news/Articles%202002/newsday_04_21_02_us__venezuela.htm
12- "The Choice of Currency for the Denomination of the Oil Bill," Speech given by Javad   Yarjani, Head of OPEC's Marketing Analysis Department (April, 2002)  www.opec.org/NewsInfo/Speeches/sp2002/spAraqueSpainApr14.htm
13- Dr. Ali, Nayyer, "Iraq and Oil, " (December 13, 2002)  www.pakistanlink.com/nayyer/12132002.html
14- Golf, Stan, "The Infinite War and its Roots, "  www.fromthewilderness.com/free/ww3/082702_infinite_war.html
15- Gore Vidal, "Le Menzogne dell'Impero", Fazi Ed., Roma, 2002
16 - Gore Vidal, "La Fine delle Libertà", Fazi Ed., Roma, 2002  

 
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